La provincia di Valencia, che ospita la capitale verde d’Europa, è in ginocchio: “l’alluvione dimostra che l’adattamento climatico non basta”, intervista ad Antonello Pasini, fisico del clima al Cnr

L'emergenza che sta interessando la sezione orientale della Spagna, causando oltre 70 vittime (il bilancio è provvisorio), ci ricorda che non se non riduciamo le emissioni di gas serra, gli eventi meteo estremi saranno sempre più violenti (e ingestibili)

La provincia di Valencia, che custodisce anche la città simbolo della Spagna impegnata nella transizione ecologica, è stata colpita da un’alluvione devastante, scatenata da piogge torrenziali che hanno messo in ginocchio la regione, causando la morte di oltre 70 persone, lasciandosi dietro una scia di distruzione e dolore.

Le immagini di strade trasformate in fiumi in piena, auto trascinate dalla corrente e case sommerse dall’acqua hanno fatto il giro del mondo. Riportando alla memoria l’alluvione che nel 1957 colpì la stessa area, causando 81 decessi.

Mentre i soccorritori continuano a scavare tra le macerie alla ricerca di dispersi, molti di noi si interrogano: come è possibile che anche la provincia che ospita la città insignita del titolo di Capitale Verde Europea 2024 sia stata così duramente colpita dalla furia di questo evento meteo estremo?

La risposta, per quanto dolorosa, potremmo averla: l’impegno per l’ambiente, pur fondamentale, non è sufficiente se non interveniamo direttamente, uniti e con decisione, sulle cause del cambiamento climatico. La provincia e in particolare la città di Valencia, con le sue politiche di mobilità sostenibile e l’aumento degli spazi verdi, ha dimostrato una grande attenzione alla sostenibilità ambientale, ma questo non è bastato a proteggerla dalla violenza inaudita dell’evento. L’alluvione che ha colpito la città è un tragico monito che ci ricorda come l’adattamento da solo non sia sufficiente.

“Non possiamo pensare di adattarci a tutto”, ha spiegato a GreenMe Antonello Pasini, fisico del clima e primo ricercatore del Cnr. “Se non facciamo mitigazione, cioè se non riduciamo le emissioni di gas serra, gli eventi estremi saranno sempre più frequenti e intensi, e l’adattamento non sarà più sufficiente”.

Ma cosa significa concretamente “mitigazione”? Significa agire alla radice del problema, riducendo drasticamente le emissioni di gas serra che alterano il clima del Pianeta. E questo richiede un impegno globale, che coinvolga governi, imprese e cittadini. Significa ripensare il nostro modello di sviluppo, abbandonare le fonti fossili e investire in energie rinnovabili.

“I colleghi climatologi spagnoli mi dicono che fenomeni meteo come quelli di Valencia ci sono già stati, ma una violenza simile non si era mai vista da decenni. Noi ricercatori non sappiamo ancora se a causa del riscaldamento globale gli eventi meteo estremi sono diventati più frequenti. Ma siamo sicuri che sono diventati più violenti“.

“L’alluvione su Valencia – spiega Pasini – è stata dovuta a quella che chiamiamo una ‘goccia fredda’: una depressione con aria fredda all’interno, che si stacca dal flusso delle correnti d’aria che vanno da ovest verso est e scende alla latitudine della Spagna. Non è un fenomeno rarissimo, ma con il riscaldamento globale diventa più intenso”.

Dalle informazioni raccolte, sembra che la violenza sia stata concentrata in un breve lasso di tempo. Le autorità spagnole affermano che in otto ore a Valencia è caduta la pioggia che cade in un anno. Come ha riportato il giornale spagnolo El Pais, l’Agenzia meteorologica statale (Aemet) aveva alzato ieri alle 8 il livello di allerta da arancione a rosso per la costa meridionale di Valencia, dove in appena un’ora si erano accumulati 90 litri d’acqua per metro quadrato. Si stimava che le piogge avrebbero potuto essere dai 150 ai 180 litri per metro quadrato, ma alla fine ne sarebbero stati rilevati più di 445, secondo i dati provvisori.

Il Centro di Coordinamento Operativo Integrato del Ministero degli Interni ha confermato oltre 62 vittime a mezzogiorno, poi arrivare a oltre 70 nel pomeriggio. Il Ministero della Difesa ha messo a disposizione obitori mobili, temendo che il numero dei morti possa aumentare con il procedere delle operazioni di soccorso. “Una volta rimosso il fango che inonda molte località valenciane, si potrebbero ritrovare più corpi”, ha dichiarato un portavoce del Ministero. La Difesa ha mobilitato risorse aeree, psicologi militari e cani addestrati per localizzare i cadaveri.

Il presidente del governo, Pedro Sánchez, ha invitato la popolazione a “non abbassare la guardia” perché la “gota fría” continua a provocare devastazioni. Decine di persone hanno trascorso la notte a Valencia sopra camion o automobili, sui tetti di negozi o distributori di benzina, o intrappolate nei loro veicoli su strade intasate finché non sono state soccorse. Le piogge hanno causato blackout che hanno colpito 155.000 persone, chiusure stradali in diverse province dell’est e del sud-est e il servizio ferroviario ad alta velocità tra Madrid e la Comunità Valenciana e il corridoio mediterraneo fino a Barcellona sono rimasti sospesi per l’intera giornata. La tempesta si è spostata questa mattina al nord della comunità, soprattutto nelle province di Castellón, Cuenca e Teruel.

“L’umanità ha aperto le porte all’inferno”, aveva avvertito António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, un anno fa davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Lo ha detto per sottolineare gli effetti del cambiamento climatico dopo i tremendi incendi nel Nord America e altre potenti tempeste nel Mediterraneo.

Il sud di Valencia è stata la zona più colpita dalla “gota fría” nelle ultime 24 ore, con il maggior numero di incidenti segnalati dai residenti. La stazione di Chiva ha registrato il più alto accumulo di pioggia. Il settore assicurativo spagnolo si sta preparando a rispondere al più grave incidente meteo-climatico vissuto in Spagna negli ultimi 40 anni.

Mentre la Comunità Valenciana affronta le conseguenze di questa tragedia, altre zone della Spagna sono in allerta. Il servizio meteorologico della Catalogna, Meteocat, ha dichiarato un livello massimo di allerta a Barcellona per previsioni di grandine con chicchi di diametro superiore a 2 centimetri, venti forti e possibilità di tornado. Il quotidiano La Vanguardia scrive che l’allerta prevede la chiusura preventiva delle spiagge a tutela dei cittadini.

La mitigazione è un investimento per il futuro“, sottolinea Pasini. “Più ritardiamo nell’affrontarla, più i costi dell’adattamento e dei danni causati dagli eventi estremi saranno elevati“.

L’alluvione di Valencia è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. Ci ricorda che la transizione ecologica è una sfida complessa, che richiede un approccio a 360 gradi. Non basta adattarsi agli impatti del cambiamento climatico, bisogna anche prevenirli.

“Dobbiamo agire su due fronti”, spiega Pasini. “Da un lato ridurre le emissioni di gas serra, dall’altro adattarci agli impatti del cambiamento climatico che sono già in atto”.

E l’adattamento, sottolinea Pasini, deve essere gestito in modo intelligente: “Dobbiamo adattarci anche con misure che non aggravino la situazione futura. Si parla sempre di adattamento, di mitigazione non se ne parla più. Questa cosa è deleteria, perché se arriviamo a situazioni estreme – non dico il modello business as usual (che prevede il mancato miglioramento nella riduzione delle emissioni climalteranti), ma bastano anche tre gradi di aumento della temperatura globale entro fine secolo -, una emergenza come questa non potremo più gestirla”.

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