La Quercia dei Cento Cavalieri, l’albero più antico del Salento: un simbolo di storia e leggenda che affascina con la sua bellezza secolare e racconti millenari.
Nel cuore del Salento, poco distante dalla chiesa sconsacrata della Madonna di Costantinopoli di Tricase, sorge un monumento vivente che per secoli ha custodito memorie e misteri, testimone silenzioso, ed assai longevo, della storia e delle tradizioni pugliesi. Non stiamo parlando di un’opera frutto dell’ingegno umano, ma della natura: protagonista di questa storia è infatti un albero, più precisamente una quercia, imponente e solenne, conosciuta con il nome di quercia Vallonea.
Alta circa venti metri e con una chioma che si estende per oltre settecento metri quadrati, ha circa otto secoli di storia alle spalle e, a dispetto del tempo e delle intemperie, le profonde radici restano saldamente ancorate a terra, i rami continuano ad accogliere la vita ed i segreti dei secoli passati sono più al sicuro che mai.
La leggenda dei 100 cavalieri
L’albero è parte di un gruppo di querce secolari che si estende dalla Serra del Mito fino alla Marina di Serra, dove il microclima mite e il terreno fertile hanno contribuito alla crescita di questi giganti verdi. Ciò che rende la quercia Vallonea speciale, oltre ad età, stazza e particolarità dei frutti (le ghiande della quercia Vallonea sono giganti ed hanno contribuito alla vittoria del concorso Italian Tree of the Year 2019) è il legame con un’antica leggenda di epoca medioevale che vede Federico II di Svevia, di ritorno dalle Crociate, trovare riparo dalla pioggia sotto la sua folta chioma. Il re/imperatore non era solo, e con lui vi erano cento cavalieri, che, assiepati sotto le fronde dell’albero, riuscirono a sfuggire ad un temporale improvviso e violento. L’episodio ha donato alla quercia un alone di magia, trasformandola in un simbolo di protezione e ospitalità.
Nel tronco della quercia Vallonea, il cui diametro sfiora i quattro metri e mezzo, sembrano quasi scolpiti la fatica di secoli ed il peso di molte storie, che, per qualche motivo, appaiono più tangibili e reali proprio sotto la sua ombra. Ogni ramo, nodoso e robusto, racconta di un passato remoto, in cui gli uomini e la natura vivevano in un rapporto di rispetto e venerazione, in cui alberi come questa quercia venivano considerati sacri, quasi come oracoli. A esempio i Greci, giunti secoli prima sulle coste salentine, credevano che le querce avessero poteri profetici e fossero in grado di parlare attraverso il fruscio delle foglie, interpretato dai saggi come messaggio degli dei. Forse è questo legame arcaico tra uomo e natura che ha permesso alla quercia Vallonea di essere venerata ancora oggi, tanto da diventare una delle tappe preferite da chi cerca di riconnettersi con un passato che sembra quasi scolorito dal tempo.
La quercia oltre la leggenda
Durante le persecuzioni iconoclaste, quando i monaci basiliani giunsero in Puglia, scoprirono che le ghiande della quercia Vallonea potevano essere trasformate in una farina particolarmente nutriente. Questa particolarità permise la creazione di un sistema di sussistenza basato sulle risorse locali, al punto che diverse aree del Salento, come il Bosco Belvedere vicino a Supersano, divennero veri e propri centri per la produzione di ghiande e farine.
In questo bosco un tempo ricco e rigoglioso, che oggi è un Parco chiamato Paduli, la quercia Vallonea prosperava insieme ad altre querce della stessa specie, fornendo cibo non solo agli uomini, ma anche ai suini che venivano allevati allo stato brado. Le ghiande erano infatti molto apprezzate anche dai maiali, e questa tradizione si riflette ancora oggi negli allevamenti di Martina Franca, che ospitano suini nutriti con risorse simili a quelle dei tempi antichi. È curioso come alcune usanze agricole e gastronomiche del passato siano arrivate fino ai giorni nostri, legate da un filo sottile e resistente a questi alberi.
A pensarci bene, forse la quercia Vallonea è molto più di un semplice albero. È un monumento silenzioso, un simbolo della capacità della natura di resistere al tempo e di offrire nutrimento, rifugio e persino saggezza. Chi si avvicina alla quercia Vallonea riesce a percepire la potenza del luogo, una sorta di santuario verde dove storia e natura si fondono in un legame inscindibile.
Visitare la quercia Vallonea significa immergersi in un tempo sospeso, un tempo in cui le leggende si mescolano alla storia e gli alberi erano considerati testimoni di eventi importanti, rifugio per viandanti e cavalieri e risorsa per la sopravvivenza delle comunità. Forse è per questo che, di fronte alla sua maestosità, ci sentiamo piccoli, eppure stranamente vicini a una dimensione arcaica e affascinante, in cui la natura era tutt’uno con la vita degli uomini. Questo antico gigante, con le sue radici piantate nella storia, rappresenta l’essenza stessa di un luogo e di un popolo, un testimone eterno che sussurra, anche oggi, le storie di tempi lontani.
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