Scene strazianti dagli allevamenti intensivi: come muoiono gli animali malati, il video che non vorresti vedere

Una schiuma densa che li fa soffocare, temperature e umidità alle stelle portandoli all’asfissia, riscaldatori a vapore: così si fa “piazza pulita” degli animali colpiti dalle malattie negli allevamenti intensivi. Com’è possibile ancora permettere tutto ciò?

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad immagini che mai avremmo voluto vedere e proporvi rispetto a come vengono trattati gli animali negli allevamenti intensivi. In particolare questo video mostra le pratiche brutali e inconcepibili utilizzate durante le epidemie di malattie, come l’influenza aviaria.

Una di queste pratiche è lo spopolamento a base di schiuma, un metodo in cui i capannoni in cui sono allevati gli animali, in particolare tacchini e polli, vengono riempiti di schiuma densa che causa la morte per soffocamento. Questo approccio, pur presentato come una misura di contenimento durante le emergenze sanitarie, non può non farci rabbrividire per il suo impatto devastante sugli ultimi attimi di vita degli animali, che sperimentano panico e sofferenza mentre cercano disperatamente aria.

L’arresto della ventilazione

Un altro metodo utilizzato durante le epidemie è l’arresto della ventilazione (VSD), che comporta l’interruzione del sistema di ventilazione all’interno dei capannoni. In questo modo, gli animali vengono intrappolati in un ambiente dove la temperatura e l’umidità aumentano rapidamente, portandoli a morire per asfissia e ipertermia.

La variante VSD+ rende questo processo ancora più rapido e letale, poiché oltre all’interruzione della ventilazione, vengono aggiunti riscaldatori o vapore per aumentare la temperatura interna dei capannoni. Anche in questo caso, il risultato è una morte dolorosa caratterizzata da una lenta e inesorabile agonia.

Per le industrie è una forma di “allevamento umano”

Questi metodi sono difesi dalle industrie come “necessari” per prevenire la diffusione di malattie, ma non possiamo girarci dall’altra parte e fingere di non vedere. Le aziende giustificano queste pratiche come una forma di “allevamento umano” o “gestione etica”, ma la realtà della sofferenza vissuta dagli animali suggerisce un quadro ben diverso.

Queste tecniche non solo ignorano il benessere degli animali, ma sono anche simbolo di un sistema produttivo che mette i profitti prima della compassione. Diversi gruppi di attivisti stanno cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica su queste pratiche e stanno spingendo per un cambiamento nel trattamento degli animali in contesti di allevamento.

La speranza è che, attraverso una maggiore consapevolezza, si possa incoraggiare una regolamentazione più severa che protegga gli animali dalla crudeltà e migliori le condizioni generali negli allevamenti intensivi nella speranza che prima o poi questi luoghi brutali spariscano per sempre.

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