Mercurio e piombo nel piatto? Dalla fusione dei ghiacciai alle nostre tavole: la minaccia invisibile dei metalli pesanti

Il riscaldamento globale non si limita a fondere i ghiacciai, ma libera anche una minaccia invisibile: i metalli pesanti. Uno studio pubblicato su Nature rivela come il mercurio e altri contaminanti tossici stiano invadendo gli oceani e la catena alimentare, finendo dritti nei nostri piatti

Purtroppo lo sappiamo già: il cambiamento climatico sta avendo un impatto significativo sui nostri oceani, che si stanno acidificando e riscaldando. Eppure, uno degli effetti meno conosciuti ma più insidiosi è l’aumento della concentrazione di metalli pesanti nelle acque marine.

Mercurio, piombo, arsenico ma anche argento: queste sostanze, provenienti da fonti naturali e attività umane, si stanno riversando nei mari a causa del riscaldamento globale, con il rischio di contaminare flora e fauna marina e, di conseguenza, la nostra alimentazione.

Un problema complesso con molteplici cause

Come anticipato, l’origine di questi metalli è varia. Processi naturali come l’erosione delle rocce e l’attività vulcanica contribuiscono al rilascio di metalli pesanti nell’ambiente. Tuttavia, è l’azione dell’uomo ad aggravare la situazione, attraverso l’industria, l’agricoltura intensiva, il traffico e lo smaltimento di prodotti di consumo che contengono queste sostanze. “Le attività umane hanno aumentato il flusso di alcuni metalli di un ordine di grandezza rispetto ai livelli preindustriali”, si legge nello studio da poco pubblicato su Nature “Climate change driven effects on transport, fate and biogeochemistry of trace element contaminants in coastal marine ecosystems”.

“Abbiamo esaminato sia le fonti indotte dall’uomo che quelle naturali. Volevamo capire come la dispersione delle tracce di questi metalli viene influenzata dal cambiamento climatico, un ambito che finora ha visto pochissime ricerche”, spiega la dott. ssa Rebecca Zitoun, chimica marina presso il GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel e co-autrice principale.

Il cambiamento climatico come fattore di rischio

Il cambiamento climatico agisce come un moltiplicatore di minacce, amplificando la presenza di metalli pesanti nei mari attraverso diversi meccanismi. La fusione dei ghiacciai e del permafrost, ad esempio, libera enormi quantità di mercurio precedentemente intrappolate.

L’aumento delle precipitazioni e del deflusso dei fiumi trasporta maggiori quantità di metalli dai suoli agli oceani.

Inoltre, eventi meteorologici estremi come inondazioni e tempeste, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico, possono mobilizzare i metalli pesanti dai sedimenti. “Il cambiamento climatico aggrava la situazione in diversi modi, ad esempio alterando l’idrologia e quindi il trasporto dei contaminanti dai continenti agli oceani”, affermano gli autori dello studio.

L’acidificazione degli oceani

A questo si aggiunge l’acidificazione degli oceani, un altro effetto del cambiamento climatico. L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera rende l’acqua marina più acida, aumentando la solubilità dei metalli pesanti e favorendone l’assorbimento da parte degli organismi marini. “L’acidificazione degli oceani può alterare la speciazione e quindi la biodisponibilità dei metalli”, si legge nello studio.

Conseguenze per l’ecosistema e la salute umana

Le conseguenze di questo fenomeno sono preoccupanti. I metalli pesanti si accumulano nella catena alimentare, contaminando i pesci che poi arrivano sulle nostre tavole. Il mercurio, in particolare, è una neurotossina che può causare gravi danni alla salute, specie per le comunità costiere che dipendono dalla pesca. “L’esposizione al mercurio rappresenta una minaccia per la salute umana, in particolare per le popolazioni indigene e le comunità costiere che fanno molto affidamento sul pesce come fonte di cibo”, sottolineano gli autori.

Lo studio evidenzia la necessità di approfondire la ricerca in questo ambito, per comprendere meglio le complesse interazioni tra cambiamento climatico e contaminazione da metalli pesanti. “Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno gli effetti dei cambiamenti climatici sulla mobilitazione, il trasporto, la biodisponibilità e la tossicità dei contaminanti negli ecosistemi marini”, si legge nelle conclusioni.

“Comprendere le complesse interazioni tra cambiamento climatico e contaminanti è fondamentale per sviluppare strategie di gestione efficaci e proteggere la salute degli oceani e delle comunità che da essi dipendono”, concludono gli autori.

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