Calvin Klein e Tommy Hilfiger boicottano il cotone degli uiguri: la Cina fa loro causa perché danneggiano il Paese

Il gruppo PVH, di cui fanno parte brand come Calvin Klein e Tommy Hilfiger hanno deciso di boicottare il cotone ottenuto con lo sfruttamento degli uiguri. In risposta la Cina ha fatto causa a PVH

La questione degli uiguri, una minoranza musulmana che vive nella regione cinese dello Xinjiang, è da anni al centro di un conflitto tra interessi economici e diritti umani. Gli uiguri sono soggetti a repressioni da parte del governo cinese, accusato di portare avanti un “genocidio culturale” o “etnocidio” nei loro confronti.

Queste accuse includono lavoro forzato, detenzioni di massa in campi di internamento dove vengono sottoposti a torture fisiche, psicologiche e violenze sessuali, separazioni dalle famiglie, sradicamento della loro cultura e religione e altre violazioni dei diritti umani.

Proprio per questo motivo il gruppo PVH – che possiede marchi famosi come Calvin Klein e Tommy Hilfiger – ha deciso di boicottare il cotone proveniente dallo Xinjiang nel 2020 al fine di evitare il coinvolgimento in filiere produttive collegate a violazioni dei diritti umani. Tuttavia questo boicottaggio non è stato accolto bene dalla Cina tanto da aver avviato un’indagine contro PVH, accusandolo di danneggiare economicamente il Paese senza prove concrete.

Anche H&M ha subìto ritorsioni per aver boicottato il cotone dello Xinjiang

PVH non è la prima azienda a subire ritorsioni per il suo boicottaggio del cotone dello Xinjiang. Anche il marchio svedese H&M è stato oggetto di azioni simili nel 2021 quando è stato escluso dai principali e-commerce cinesi. Questi episodi mostrano come le tensioni tra Cina e aziende occidentali si stiano intensificando, con la Cina che utilizza le sue politiche economiche come strumento di pressione contro le sanzioni imposte da nazioni occidentali.

In ogni caso anche altre organizzazioni internazionali e governi occidentali hanno preso provvedimenti simili. Parliamo ad esempio degli Stati Uniti che con l’Uyghur Forced Labor Prevention Act vietano l’importazione di prodotti collegati al lavoro forzato degli uiguri.

Allo stesso tempo, però, tantissimi marchi volutamente ignorano quanto succede nella regione dello Xinjang. Parliamo di brand tra cui Apple, Samsung, Huawei e Sony nel settore tecnologico, Nike, Hugo Boss, Zara e Max Mara nell’abbigliamento, Volkswagen e Bmw nel settore dell’automotive.

Una situazione che continua a lasciare allibiti. Se da una parte c’è chi finge di non vedere lo sfruttamento e le violenze fisiche e psicologiche a cui sono costretti gli uiguri, dall’altra chi prova a “ribellarsi” subisce repressioni in modo da insabbiare tutto questo.

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