Le microplastiche e le nanoplastiche si accumulano soprattutto nel cervello e nella placenta, lo studio shock

Nella placenta, nell’albero cardiovascolare e nel cervello: qui micro e nanoplastiche, ormai ovunque, si accumulano in modo particolare, con conseguenze a lungo termine ancora non del tutto chiare ma di certo non positive. Questi i risultati shock di uno studio commissionato da VERA Studio a un gruppo di esperti dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’

Le micro e le nanoplastiche (MNP) sono purtroppo ormai ovunque: uno studio shock commissionato da VERA Studio a un gruppo di esperti dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ ha dimostrato che queste sostanze si accumulano soprattutto nella placenta, nell’albero cardiovascolare e nel cervello, dove si arriva a quantità davvero inquietanti.

Tutta la plastica che non vediamo – Rapporto sulla presenza delle micro e nanoplastiche nel corpo umano’: questo il titolo della ricerca, che ha dimostrato come nel cervello, i livelli di MNP riscontrati in un cervello di peso medio di un adulto corrispondono all’equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri.

L’aumento del consumo di prodotti in plastica e la persistente natura delle microplastiche rende inevitabile l’esposizione dell’uomo a tali sostanze – scrivono gli autori – sollevando gravi preoccupazioni per le minacce alla salute umana

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Sono infatti molteplici (e non sempre così facilmente rintracciabili) i tipi di esposizione dell’uomo alle MNP: ma la presenza di microplastiche negli alimenti destinati all’uomo – spiegano gli autori – nell’acqua potabile, nelle bevande e nei contenitori di plastica fornisce una prova diretta dell’esposizione umana alle microplastiche attraverso l’assunzione alimentare quotidiana

Le MNP nel cervello e nella placenta: un risultato che (purtroppo) non stupisce

Poco più di un anno fa, un lavoro guidato dalla Medical University of Vienna (Austria) aveva dimostrato che questi terribili inquinanti possono entrare nel cervello anche dopo solo due ore dall’ingestione, con un meccanismo che riesce ad aggirare anche la barriera ematoencefalica.

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Le conseguenze di tutto ciò non sono chiarissime, ma secondo i ricercatori è ragionevole ipotizzare che nel cervello le particelle di plastica possano aumentare il rischio di infiammazione, disturbi neurologici e persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson.

Per quanto riguarda la placenta, anche questo risultato, purtroppo, non stupisce. Infatti già uno studio italiano del 2020 aveva individuato, per la prima volta, la presenza di microplastiche nella placenta in campioni di quattro donne sane che hanno avuto gravidanze e parti normali. E, meno di un anno fa, anche l’Università del New Mexico aveva confermato: ci sono microplastiche trovate in ogni placenta umana testata.

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Siamo spacciati?

Purtroppo micro e nanoplastiche, oltre che ormai iper diffuse (sono state trovate persino nell’Artico), sono persistenti nell’ambiente, rendendo molto difficile la loro eliminazione. Ma si può sempre agire per non peggiorare le cose, e forse per mitigarle.

Per mitigare l’esposizione alle MNP, si dovrebbero attuare strategie preventive – suggeriscono gli autori – tra cui la riduzione dell’utilizzo di prodotti in plastica, optando per prodotti con un imballaggio minimo in plastica o priva di essa e dando priorità a materiali alternativi nel consumo quotidiano

E se i Governi possono giocare un ruolo determinante nell’invertire la rotta, anche noi tutti possiamo fare qualcosa.

Il presente Rapporto – concludono i ricercatori – suggerisce infatti come semplici abitudini della vita quotidiana, se adottate dalla collettività, possono portare ad enormi vantaggi in termini di minore esposizione dell’uomo alle microplastiche e minore dispersione di plastica nell’ambiente. A titolo esemplificativo, l’esposizione a tali sostanze può essere notevolmente ridotta:

  • limitando l’utilizzo di contenitori di bevande ed alimenti in plastica
  • non scaldando gli alimenti al microonde in contenitori di plastica
  • evitando l’utilizzo della modalità di prelavaggio degli indumenti
  • evitando l’utilizzo di indumenti sintetici, in particolare quelli in poliestere riciclato

Il lavoro è stato presentato nel corso del Planetary Health Festival, il Festival Italiano della
Salute Planetaria che si è svolto a Verona dal 3 al 5 ottobre 2024.

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Fonte: Vera Studio/Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’

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