Conosci il sovescio? Ti svelo l’arte di nutrire la terra dell’orto senza sottrarle nulla

Alla scoperta del sovescio, un'antica partica contadina che prevede una coltivazione specifica senza fini produttivi, ma invece finalizzata a rendere più fertile il terreno

Il sovescio è una pratica agronomica antica che rappresenta, oggi come allora, un valido strumento per preservare e migliorare la fertilità del suolo. L’agricoltura moderna, sempre più orientata a soddisfare la crescente domanda di prodotti, ha sovente ignorato la necessità di mantenere un equilibrio tra sfruttamento delle risorse e rigenerazione del terreno, ed in un contesto simile riscoprire metodi tradizionali come il sovescio può rappresentare una via percorribile per garantire una gestione sostenibile delle coltivazioni.

La fertilità del suolo è un patrimonio da preservare

La fertilità del suolo è la capacità che esso ha di sostenere lo sviluppo delle colture, offrendo un ambiente favorevole al radicamento delle piante e alla crescita microbica. La fertilità, infatti, non dipende solo dalle caratteristiche chimiche del terreno, ma anche da quelle fisiche e biologiche: un terreno ricco di sostanza organica sarà capace di ospitare una popolazione microbica attiva, fondamentale per la decomposizione dei residui organici e per il rilascio di nutrienti disponibili per le piante.
Negli ultimi decenni, l’intensificazione agricola ha portato a un impoverimento della sostanza organica nei terreni, con effetti negativi sull’equilibrio microbico e, di conseguenza, sulla produttività delle colture: nelle aree a forte impatto agricolo è stata registrata una drastica riduzione della sostanza organica, che in alcune zone è passata dal 3,3% allo 0,75% in circa 30 anni. La portata di un simile impoverimento ha innescato una spirale di decrescita della biodiversità del suolo, il quale sta diventando sempre meno fertile e meno capace di sostenere le coltivazioni.

Sovescio: una soluzione millenaria per il suolo

Il sovescio è una tecnica agronomica che consiste nella semina e successiva interratura di colture erbacee, non per fini produttivi, ma per arricchire il terreno di sostanza organica. Si tratta di un metodo utilizzato da secoli per rigenerare il suolo e migliorarne la struttura e la composizione. Tra le specie più utilizzate per il sovescio ci sono le leguminose, piante che instaurano una simbiosi con i batteri del genere Rhizobium, capaci di fissare l’azoto atmosferico e trasformarlo in azoto organico, disponibile per le colture successive.
Le leguminose più comuni per il sovescio includono trifogli (Trifolium spp.), favino (Vicia faba), veccia (Vicia sativa), pisello da foraggio (Pisum sativum), e meliloto (Melilotus officinalis). L’impiego di queste piante contribuisce all’aumento di azoto nel suolo ed incrementa la disponibilità di sostanza organica, fondamentale per mantenere la popolazione microbica attiva e favorire la crescita delle colture principali.
Uno degli aspetti più interessanti del sovescio è la possibilità di utilizzare dei miscugli di specie diverse, ognuna con caratteristiche specifiche che apportano benefici differenti al terreno: le piante con radici profonde, ad esempio, facilitano la penetrazione delle radici delle colture successive, mentre altre specie, come le crucifere, rilasciano sostanze che contrastano i parassiti del suolo, come i nematodi ed alcuni funghi patogeni.

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Il sovescio nel vigneto

L’applicazione del sovescio nei vigneti è una pratica particolarmente interessante. La vite, coltura simbolo del paesaggio agricolo italiano, è in grado di adattarsi a suoli con caratteristiche pedoclimatiche diverse, ma ciò non significa che il suo apparato radicale non possa beneficiare di un terreno fertile e ben equilibrato. La fertilizzazione del vigneto, infatti, non si basa solo sull’apporto di azoto, fosforo e potassio, ma deve mirare a creare un suolo poroso e ben strutturato, in cui l’aria e l’acqua possano penetrare facilmente.
Il sovescio nel vigneto offre numerosi vantaggi. In primo luogo, aiuta a mantenere l’interfila inerbita, riducendo così l’erosione superficiale del suolo, un problema particolarmente rilevante nelle aree collinari dove sono situati molti vigneti italiani: l’inerbimento protegge il suolo dall’erosione causata dalle piogge, riducendo il ruscellamento e limitando la perdita di strati superficiali fertili. Si stima che ogni anno, in Italia, si perdano circa 10 tonnellate di terreno per ettaro a causa dell’erosione, un fenomeno che compromette seriamente la sostenibilità a lungo termine delle coltivazioni.
Inoltre, il sovescio favorisce l’infiltrazione dell’acqua piovana, migliorando la riserva idrica del terreno e riducendo la necessità di irrigazioni durante i periodi di siccità: nel vigneto, dove l’irrigazione è spesso limitata all’uso di soccorso, questa caratteristica è particolarmente preziosa. La scelta delle specie da sovescio deve essere attenta e mirata a non creare competizione per l’acqua con la vite, e per questo motivo le semine vengono generalmente effettuate in autunno, in modo da sfruttare le piogge invernali.
Altro vantaggio importante del sovescio è la capacità di contrastare la crescita delle infestanti. Le specie utilizzate per il sovescio possono instaurare una competizione con la flora spontanea, limitare lo sviluppo delle malerbe e ridurre così la necessità di interventi chimici per il loro controllo. Questo aspetto è di fondamentale importanza in un’ottica di agricoltura sostenibile, che mira a ridurre l’uso di pesticidi e a favorire il controllo biologico dei parassiti.

Incentivi economici per chi pratica il sovescio

La pratica del sovescio assicura anche dei vantaggi economici. Gli agricoltori che adottano pratiche di sovescio possono infatti accedere ai contributi previsti dalla Politica Agricola Comune (PAC). Il recente aggiornamento dell’Ecoschema 5, che entrerà pienamente in vigore nel 2025, prevede incentivi per chi destina parte dei terreni a colture di interesse apistico e a specie mellifere e nettarifere: i fondi sono destinati a promuovere la biodiversità e a favorire la presenza di insetti impollinatori, cruciali per molte colture agricole.
Gli agricoltori che scelgono di destinare almeno 2500 mq dei loro terreni a specie mellifere, come indicato dal DM del 28 giugno 2024, potranno ricevere fino a 500 euro per ettaro di seminativo, un’ottima opportunità per chiunque voglia coniugare l’interesse economico con la sostenibilità ambientale: la scelta di piante nettarifere aumenta la biodiversità e migliora anche la fertilità del suolo, favorendo di fatto il controllo biologico dei parassiti.

 

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