Tracce di pesticidi nell’acqua minerale, ma i controlli dove sono? (Fanno acqua da tutte le parti)

Molte acque minerali contengono tracce di pesticidi (anche se sempre entro i limiti di legge) ma spesso le aziende neanche lo sanno. Il motivo è che il sistema dei controlli è decisamente da rivedere

Alcune settimane fa, vi abbiamo parlato di un test condotto da Il Salvagente su 18 bottiglie di acqua minerale. Gli esperti sono andati a cercare tracce di pesticidi nelle varie marche di acqua, trovandoli – sia pur sempre al di sotto dei limiti legali – in 14 referenze (ovvero il 77,7% dei campioni analizzati).

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Ma al di là di questo risultato generale, almeno in parte preoccupante, dall’indagine emerge un altro particolare: i controlli che “fanno acqua”! Cosa significa? Gli esperti hanno cercato di capire come vengono selezionati i fitosanitari da monitorare e per farlo hanno chiesto direttamente alle autorità sanitarie locali.

Lo scenario che emerge è molto confuso e varia a seconda delle diverse zone d’Italia, in una sorta di “babele di rimpalli tra Arpa e Asl” come la definisce il Salvagente.

Cosa succede in pratica? Le aziende che imbottigliano sono tenute per legge a cercare solo alcune sostanze tra le tante potenzialmente pericolose. I produttori quindi, messi di fronte ai risultati del test, hanno difeso la loro posizione sostenendo che i pesticidi rilevati non rientravano negli elenchi ufficiali delle sostanze pericolose da monitorare.

La risposta di Cogedi, ad esempio, che gestisce marchi di acque minerali come Uliveto e Rocchetta (tra le peggiori del test), ha risposto alle critiche richiamando le normative del decreto ministeriale del 10 febbraio 2015, che stabiliscono i criteri per la valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali.

Cogedi spiega che le sostanze indesiderate, inclusi gli antiparassitari, sono monitorate in base a specifiche liste fornite dalle autorità sanitarie locali e i pesticidi trovati nei campioni analizzati dal Salvagente non rientrano nei composti elencati per il monitoraggio, secondo le normative vigenti.

Così commentano gli esperti del Salvagente:

Prima osservazione obbligata: possibile che nell’elenco delle Agenzie regionali di protezione ambientale non siano compresi pesticidi assai comuni come il peperonyl butoxide, la cypermethrine, perfino il Deet (utilizzato anche nei repellenti antizanzare)? Non solo è possibile, per quanto inspiegabile, ma è quanto ha messo in imbarazzo molte grandi aziende di un mercato che teme pochi confronti in Italia e nel mondo, come quello delle bollicine nostrane.

Ma come mai si va alla ricerca di così pochi pesticidi nell’acqua? Forse a causa dei costi elevati e i tempi di analisi più lunghi? No, non è questo il punto, il motivo è piuttosto una visione ristretta e poco aggiornata delle probabilità di contaminazione.

Le ARPA e/o le aziende sanitarie tendono a focalizzarsi su quei pesticidi la cui presenza si ritiene più probabile in un determinato territorio, escludendo molti altri composti che, sebbene non immediatamente rilevabili nella zona, potrebbero comunque essere presenti.

I controlli cambiano da Regione a Regione

I fitosanitari da monitorare sono diversi da Regione a Regione in base a un maggior rischio di trovarne alcuni piuttosto che altri su uno specifico territorio. Una modalità però che, evidentemente, ha delle gravi lacune e mette in discussione l’efficacia dei controlli stessi.

Come è ormai noto, infatti, i pesticidi viaggiano attraverso le correnti aeree e i terreni, raggiungendo falde acquifere anche a centinaia di chilometri di distanza. Va da sé che le liste di controllo devono essere riviste e costantemente aggiornate.

Se guardiamo alle singole regioni, scopriamo che in Umbria le competenze sui controlli delle acque minerali non sono chiaramente definite tra Arpa e Usl, mentre in Toscana, la responsabilità è passata alle Aziende sanitarie locali. In Lombardia, le autorità sanitarie locali e Arpa collaborano secondo protocolli regionali, mentre in Piemonte, la lista dei pesticidi è concordata annualmente tra Arpa e Regione.

Queste differenze regionali portano a una gestione frammentata e a una variabilità nei controlli che possono influire sulla sicurezza delle acque minerali. La mancanza di uniformità e di chiarezza nelle procedure di monitoraggio e nella definizione delle liste di pesticidi rende difficile garantire standard di sicurezza coerenti a livello nazionale.

In molti casi, infatti, la normativa lascia spazio alla discrezionalità, ovvero le autorità sanitarie locali decidono quali pesticidi includere in base a criteri che non sono sempre trasparenti o uniformi.

Le liste dei pesticidi da controllare

Le liste dei pesticidi da controllare non sono sempre aggiornate con la frequenza necessaria, considerando l’evoluzione continua dei fitofarmaci e delle normative a livello europeo. E anche in questo caso esistono molte differenze da Regione a Regione. In Piemonte, ad esempio, l’aggiornamento è annuale, mentre in Umbria l’ultimo aggiornamento risale al 2019. Questa disparità, come potete immaginare, può avere conseguenze significative sull’acqua che portiamo in tavola, a seconda della fonte da cui proviene.

Marcello Caputo, responsabile della Direzione Integrata della Prevenzione dell’ASL Cuneo 1, è stato l’unico tra le persone contattate dal Salvagente ad avere risposto in maniera chiara alle domande segnalando che vi è un problema nel sistema stesso.

Spesso le soluzioni adottate dalle autorità sanitarie consistono semplicemente nell’alzare i limiti di accettabilità delle sostanze piuttosto che affrontare la questione alla radice, cioè la riduzione dell’uso dei pesticidi. Caputo sottolinea la necessità di un aggiornamento normativo che includa un controllo più rigoroso dei pesticidi pericolosi e una revisione delle pratiche di produzione:

Il punto è che il modo usato per adeguare il quadro normativo in questi casi è alzare i limiti di accettabilità delle sostanze. E questo perché il problema è del sistema. In un certo senso, la notizia non è che avete trovato pesticidi nell’acqua minerale, ma che sono dovunque nell’ambiente: nell’aria, nell’acqua, nel cibo, sui terreni. Per cui, qualsiasi soluzione che non sia alzare i limiti significherebbe un aumento dei costi per le aziende. È il sistema di produzione e di consumo che andrebbe messo in discussione. Bisognerebbe diminuire l’uso di pesticidi, ma per questo servirebbe una maggiore premialità per chi non li usa.

E poi aggiunge:

È un continuo viavai di tir pesanti che inquinano trasportando l’acqua minerale imbottigliata in zona, confezionata in plastica. E sappiamo quanta ne finisce dispersa nell’ambiente sotto forma di microplastiche. Difficile occuparsi solo della questione delle acque senza mettere in discussione i nostri stili di vita e di consumo.

In attesa di un cambiento più radicale, c’è indubbiamente bisogno di una revisione urgente di questo sistema di controllo per le acque minerali, che presenta evidenti lacune. Serve una normativa più chiara e standard uniformi per poter garantire una maggiore sicurezza dell’acqua minerale.

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Fonte: Il Salvagente

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