Realizzato dalla regista Eva Orner, “Brandy Hellville” è un reportage da non perdere, che mette in luce i danni all’ambiente e tutto il sistema di sfruttamento all'interno del marchio di abbigliamento tra i più amati dalle adolescenti. In esclusiva su Sky Documentaries il 14 settembre
Da Melville a HELLville basta un attimo, giusto il tempo che ci vuole per capire che quell’impero dell’abbigliamento tanto amato dalla Gen Z (esploso negli States ma di origini italiane) nasconde scenari di autentico inferno, tra sfruttamento, razzismo e modelli estetici standardizzati e mai raggiungibili.
Tutto emerge da un interessantissimo documentario HBO, Brandy Hellville – L’inferno del fast fashion (“Brandy Hellville & the Cult of Fast Fashion” il titolo originale) girato in gran parte a Prato, che andrà in onda in esclusiva su Sky Documentaries il 14 settembre alle 21.15, in streaming solo su Now e disponibile anche on demand.
Ne abbiamo parlato anche qui: Brandy Melville nella bufera, il marchio amato dalla Gen Z è accusato di spingere le ragazze verso disturbi alimentari
Realizzato dalla pluripremiata regista Eva Orner è un reportage da non perdere che mette in luce i danni all’ambiente e tutto il sistema di sfruttamento all’interno del marchio di abbigliamento tra i più amati dalle adolescenti.
All’inizio degli anni 2010 possedere un capo di abbigliamento “taglia unica” Brandy Melville era diventato un obiettivo irrinunciabile per le ragazze in tutto il mondo. La sua mission, però, è promuovere standard di bellezza sostanzialmente impossibili, alimentando la frustrazione e l’insicurezza femminili.
Nonostante il nome, il marchio è stato creato in Italia nel 1994, da Stephan e suo padre Silvio Marsan. Dopo l’apertura del primo negozio a Los Angeles nel 2009, è cresciuto fino a raggiungere, solo nel 2023, un fatturato di 212,5 milioni di dollari, con una trentina di negozi negli Stati Uniti e 90 punti vendita in tutto il mondo.
Il documentario HBO svela il lato oscuro di questo impero, il cui assetto produttivo “one size” spinge le giovani clienti a consumare di più, spendendo poco per capi realizzati da una manodopera che è oltretutto pure sottopagata. Grazie alle sue indagini, la Orner ha raccolto testimonianze su pratiche di lavoro discriminatorie e su come i tessuti scartati finiscano per inquinare le discariche e le acque di tutto il mondo. Dal microcosmo di questo marchio, questo documentario, ricorda ancora una volta come il fast fashion sia una questione globale alla quale non si può restare indifferenti.
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