Temu annuncia l'apertura del suo e-commerce anche a venditori europei (Italia compresa). Questa mossa ha il chiaro intento di far crescere la piattaforma nel nostro continente
Temu non ha più bisogno di presentazioni. La piattaforma di e-commerce è in rapida crescita ma non senza difficoltà, considerando la concorrenza e i tanti contenziosi che ha con Shein. Il colosso cinese vuole però spuntarla a tutti i costi e ha da poco annunciato una novità: l’apertura del suo marketplace ai trader europei.
In parole povere, i commercianti dei Paesi europei (Italia compresa) possono già da luglio unirsi alla piattaforma per vendere i propri prodotti e raggiungere così un pubblico più ampio. I commercianti che aderiscono alla piattaforma di Temu sono responsabili della gestione del loro assortimento di prodotti, della supervisione dell’inventario e della gestione della spedizione dei prodotti venduti.
È all’inizio di quest’anno che Temu ha introdotto negli Stati Uniti il modello “local-to-local”, in cui i partner di vendita sono responsabili della spedizione dei prodotti direttamente ai clienti, semplificando il processo di consegna. Ma la novità è appunto che ora i venditori potranno essere anche europei, così da garantire consegne più rapide ai consumatori occidentali e consentire l’inclusione di articoli più grandi nelle loro offerte.
La registrazione è aperta alle aziende con entità UE, comprese quelle con sede in Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi, come ha fatto sapere il seller acquisition manager per l’UE Zixia Yi su LinkedIn.
Per rendere più accattivante la proposta per i commercianti, Temu sta attualmente rinunciando alle tariffe di base e alle commissioni sugli acquisti fatti, offrendo ai venditori un modo conveniente per unirsi alla piattaforma. Inoltre, i venditori possono pubblicizzare i loro annunci su Temu gratuitamente durante questo periodo iniziale, ma non è chiaro quanto ancora durerà l’offerta.
Una mossa furba, non trovate? Resta il fatto che Temu è una piattaforma molto discutibile, sia per ciò che vende (almeno gli articoli provenienti dalla Cina, in alcuni casi segnalati come tossici), sia per i metodi utilizzati per “accalappiare clienti” e, non in ultimo, per il tema dei lavoratori e dell’impatto ambientale.
Questioni molto serie di cui ci siamo occupati in precedenti articoli che vi linkiamo di seguito:
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Fonte: Linkedin