Addio inquinamento: arriva la plastica vivente che si autodistrugge

Scienziati creano una plastica vivente che si autodistrugge grazie a spore batteriche integrate, promettendo una soluzione sostenibile contro l'inquinamento

Un team di scienziati ha sviluppato una nuova tipologia di plastica, definita “plastica vivente“, che si autodistrugge quando inizia a erodersi. Questa innovativa tecnologia promette di rivoluzionare il mondo dei materiali plastici grazie alla sua capacità di decomporsi in tempi molto più brevi rispetto alle plastiche tradizionali.

Durante il compostaggio, questa nuova plastica si decompone completamente entro un mese, mentre le plastiche tradizionali impiegano fino a 55 giorni per decomporsi nelle stesse condizioni. La tecnologia si ispira alle proteine che degradano la plastica, prodotte naturalmente da batteri scoperti nel 2016 in un impianto di riciclaggio giapponese. Queste proteine, capaci di “mangiare” la plastica, sono state riprodotte in versione sintetica e integrate nella struttura della plastica stessa.

Come funziona

I ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze, sotto la guida del biologo sintetico Chenwang Tang, hanno sviluppato un metodo per incorporare spore batteriche che secernono enzimi all’interno della plastica policaprolattone (PCL). Quando la plastica inizia a erodersi, gli enzimi vengono rilasciati, completando la degradazione del materiale. Gli scienziati hanno ingegnerizzato il gene per un enzima lipasi del batterio Burkholderia cepacia nel DNA di un altro microbo, il Bacillus subtilis, noto per la sua resistenza alle alte temperature e pressioni.

Questo approccio ha portato a risultati promettenti: quando la superficie della plastica si erode, le spore batteriche iniziano a germinare e, a loro volta, a degradare le molecole di PCL. Utilizzando una seconda lipasi prodotta dal lievito Candida antarctica, la plastica si è degradata in appena una settimana, un tempo significativamente inferiore rispetto alle tre settimane necessarie per la degradazione delle plastiche PCL tradizionali.

Verso un futuro sostenibile

Le sperimentazioni hanno dimostrato che la plastica vivente può resistere a condizioni estreme, come alte temperature e pressioni, oltre a rimanere stabile in soluzioni gassate per oltre 60 giorni. Questa robustezza suggerisce il suo potenziale utilizzo come materiale da imballaggio, con la capacità di disintegrarsi completamente senza l’aggiunta di antibiotici. Nonostante lo studio sia ancora in una fase concettuale, rappresenta una potenziale soluzione al problema crescente dell’inquinamento da plastica, la cui produzione è raddoppiata negli ultimi due decenni.

La ricerca, pubblicata su Nature Chemical Biology, apre la strada a nuove tecnologie che potrebbero portare alla creazione di materiali biodegradabili e sostenibili, capaci di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti plastici.

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Fonte: Nature Chemical Biology

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