Ancora caporalato: più di 1000 braccianti trattati come schiavi e costretti a lavorare fino a 500 ore al mese

In un'azienda agricola del Lodigiano, oltre mille braccianti sono stati sfruttati per anni da un imprenditore senza scupoli che li faceva vivere in condizioni disumane e lavorare fino a 512 ore al mese

Torniamo a parlare di caporalato, un fenomeno vergognoso che continua ad essere presente nel nostro Paese, nonostante gli sforzi per combatterlo. Dopo il caso diventato tristemente noto del bracciante indiano morto dopo essere stato abbandonato a Latina con il braccio tranciato, i controlli si sono intensificati e stanno portando alla scoperta di ulteriori terribili realtà.

Le ultime notizie arrivano dal Lodigiano dove è stato scoperto un imprenditore agricolo che gestiva lavoratori praticamente ridotti in schiavitù. L’ennesima dimostrazione che, nonostante si sia riaccesa un po’ l’attenzione sul caporalato, questo ancora esiste su larga scala.

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Lodi e coordinate dalla Procura, hanno svelato un sistema di caporalato molto esteso che coinvolgeva oltre 1000 braccianti impiegati nella raccolta di frutta e verdura tra il 2016 e il 2023. 

Le verifiche, iniziate grazie a una segnalazione dell’INPS, hanno rivelato una realtà drammatica: i lavoratori, per lo più giovani e di origine extracomunitaria, erano costretti a lavorare fino a 17 ore al giorno, con punte di 512 ore mensili durante i periodi di maggior raccolta, ben oltre le 169 ore previste dai contratti collettivi.

Le condizioni di vita erano altrettanto precarie: i braccianti pernottavano in capanni e prefabbricati sovraffollati e, come si può immaginare, erano costretti a lavorare senza ferie né permessi.

Il Gip di Lodi ha disposto il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno nei confronti del titolare dell’azienda, accusato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. L’operazione, denominata “Agros”, ha messo in luce non solo le gravi violazioni dei diritti dei lavoratori, ma anche un’evasione contributiva e fiscale stimata in circa 3 milioni di euro.

Questo caso si inserisce in un contesto più ampio di lotta contro il caporalato, che continua a rappresentare una piaga per il settore agricolo italiano. Le recenti operazioni delle forze dell’ordine hanno portato ad altre denunce in diverse regioni, dimostrando quanto questo fenomeno sia diffuso su tutto il territorio e coinvolga sia il settore agricolo che quello dei servizi.

Le indagini sono ancora in corso e potrebbero portare ad ulteriori sviluppi.

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Fonte: Il cittadino di Lodi 

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