Concessioni balneari è caos: anche l’Antitrust boccia il rinnovo automatico delle proroghe ai gestori, e adesso?

Dopo lo sciopero del 9 agosto scorso degli stabilimenti, l'Antitrust si pronuncia e dice stop al rinnovo automatico delle concessioni balneari

La ormai annosa questione della gestione delle spiagge italiane tiene banco anche quest’anno. Dopo lo sciopero della settimana scorsa di alcuni stabilimenti (dalle 8 alle 10 del mattino…) a intervenire è ora l’AGCM che si è pronunciata contro il meccanismo del rinnovo automatico delle concessioni balneari, esattamente come ha fatto un anno fa anche la Corte di giustizia Ue.

Anche l’Antitrust, dunque, nel Bollettino settimanale inviato all’Anci e alla Conferenza Stato-Regioni, giunge alle conclusioni che sono state anche del Consiglio di Stato in diverse sentenze e dà torto al governo, sostenendo che le gare per le spiagge vanno fatte subito.

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Con precipuo riferimento alle proroghe – si legge – l’Autorità ha più volte sottolineato che il continuo ricorso a tale strumento (le proroghe ingiustificate delle concessioni, ndr) violi i principi della concorrenza nella misura in cui impedisce il confronto competitivo per il mercato, che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso.

Il piano dell’esecutivo di Giorgia Meloni, di fatti, secondo quanto trapela, sarebbe quello di prorogare ancora le attuali concessioni per il 2025 e rimandare nuovamente l’applicazione della direttiva Ue Bolkestein del 2006, che dovrebbe arrivare all’abrogazione del rinnovo automatico delle concessioni agli imprenditori balneari e a gare anche ad operatori europei.

La mancata adozione della direttiva ha già causato per l’Italia l’apertura di una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles.

Il Governo italiano aveva infatti aperto l’anno scorso un tavolo interministeriale con alcune delle associazioni di categoria, per fare una mappatura delle spiagge italiane. Dalle conclusioni pubblicate a ottobre, ottenute attraverso la banca dati Sid del ministero delle Infrastrutture, era emerso che solo un terzo delle zone demaniali è dato in concessione, mentre il 67% sarebbe libero, quindi non sarebbe stato necessario applicare la Bolkestein. Secondo la direttiva infatti bandi vanno fatti solo se “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali”.

Ma i conti non tornano e i dati del Governo non hanno convinto la Commissione europea: il nostro esecutivo avrebbe inserito nella famosa mappatura tutta la costa, senza alcuna distinzione, comprendendo anche le coste rocciose, i porti commerciali e le zone marine protette (aree demaniali non disponibili di fatto), sostenendo che le aree sotto concessione corrisponderebbero al 33% degli spazi disponibili a mare nel Paese.

Ma il concetto di scarsità deve essere interpretato in termini relativi e non assoluti, – spiega l’Antitrust – tenendo conto non solo della ‘quantità’ del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, di conseguenza, della domanda che è in grado di generare da parte di altri potenziali concorrenti. Ciò considerando che, ancora oggi, i dati del Sistema Informativo del Demanio marittimo – richiamati anche dall’Adunanza Plenaria – attestano l’esistenza di una percentuale di occupazione delle coste molto elevata, viste le zone di spiaggia libera che non risultano fruibili e tenuto conto dei limiti quantitativi massimi di costa che può essere oggetto di concessione previsti in molte Regioni.

In questo modo, quindi, l’AGCM ribadisce l’importanza del ricorso a modalità di assegnazione competitive delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative e sportive, evitando ulteriori proroghe e rinnovi automatici, si legge ancora nel bollettino settimanale.

Cosa si farà quindi?

L’Autorità sollecita gli enti “affinché tutte le procedure selettive per l’assegnazione delle nuove concessioni siano svolte quanto prima e l’assegnazione “avvenga non oltre il 31 dicembre 2024“, ribadendo che il Milleproroghe del 2022, disponendo la proroga al 31 dicembre 2024 delle concessioni in essere, ha previsto la possibilità di spostare ulteriormente il termine al 31 dicembre 2025, “nel caso in cui le amministrazioni non riescano a completare nei termini le procedure di gare per motivate ragioni oggettive”. Per questo motivo, molte amministrazioni hanno prorogato al 31 dicembre 2024 per “l’impossibilità di espletare le gare prima del riordino delle concessioni”.

Tutto, quindi, appare ancora da definire. E intanto che fine faremo noi bagnanti? Continueremo a pagare un occhio della testa un ombrellone e un lettino?

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