Perché nel villaggio olimpico non c’è l’aria condizionata? Le proteste degli atleti ci dimostrano che non siamo pronti alle rinunce in nome dell’ambiente

La Francia, dopo cent'anni, ospita nuovamente i Giochi olimpici. E lo fa convinta di lanciare un segnale forte anche in fatto di sostenibilità ambientale (costretta, a dirla tutta, dai tempi e dalla crisi climatica). Una "rivoluzione" green che a volte rimane di facciata e che non sempre piace alle atlete e agli atleti impegnati nelle competizioni

Questi sono i Giochi più green di sempre” stando a Georgina Grenon, Direttrice della sostenibilità di Parigi (ma non lo erano già state quelle di Tokyo?). Forse potrebbe essere davvero così se si considera il ricorso all’energia rinnovabile, all’uso di materiali riciclati e naturali, ai trasporti e al cibo sostenibili (ma rimane il foie gras), passando per l’inclusione e il rispetto dei lavoratori.

Bene, ma non benissimo, perché – come molti titolano – la vera “grandeur” è in ogni caso quella dei costi esorbitanti e delle spese folli e dei miliardi di euro che abbassano l’asticella in negativo.

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Tant’è: lo spettacolo deve continuare, ma deve proseguire in un modo che non può non tener conto della crisi climatica in atto nell’anno che si avvia ad essere il più caldo di sempre. Ma il modo in cui gli atleti e tutte le delegazioni stanno rispondendo ai “sacrifici” richiesti dalle politiche green degli organizzatori non sempre è allineato ed è anzi probabilmente la misura esatta in cui l’umanità tutta è in grado di fare certe rinunce per il bene dell’ambiente.

Dall’aria condizionata che non c’è ai materassi in plastica riciclata passando per i menù a basso impatto, la domanda esistenziale che ci pongono i Giochi olimpici del terzo millennio è: quanto davvero siamo pronti ad adattarci?

Pare che poco gli organizzatori abbiano voluto trascurare nel loro programma per essere rispettosi dell’Accordo di Parigi e seguire standard internazionali come i GRI (Global Reporting Initiative) e ISO 20121, per una gestione quanto più sostenibile di tutti gli eventi. A cominciare dall’aria condizionata nel villaggio olimpico, croce e delizia di chi – in queste settimane – annaspa in città.

L’esempio dell’aria condizionata, perché si è deciso di farne a meno

Negli appartamenti del villaggio olimpico – costruiti ex novo in un’area di più di mezzo chilometro quadrato tra tre comuni nella periferia nord di Parigi in cui alloggiano quasi 15mila tra atlete e atleti – non c’è aria condizionata.

Il villaggio è stato progettato per adattarsi alle condizioni climatiche del 2050, con 6 ettari di spazi verdi, vegetazione (strade, balconi, tetti), recupero e trattamento delle acque reflue per l’irrigazione, pavimenti refrigeranti e tripli vetri. Tutto è stato progettato per migliorare il comfort termico e garantire una temperatura di almeno 6°C inferiore a quella esterna per gli atleti e i futuri residenti, si legge sul sito ufficiale delle Olimpiadi, il cui comitato organizzatore si è dato l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas serra rispetto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 e di Londra 2012.

Da qui la decisione di non inserire l’aria condizionata. Nulla, nada, nessuna aletta che ti spari addosso un po’ d’aria refrigerata. Per buona pace delle atlete e degli atleti, molti dei quali – pare – si sarebbero attrezzati con tanto di condizionatori portatili.

Ma perché rinunciare all’aria condizionata? Beh, la risposta è semplice: i condizionatori hanno un impatto significativo sull’ambiente, aumentando le emissioni di gas serra e, di conseguenza, le temperature percepite. Oltre al consumo energetico, accendendo i condizionatori non facciamo altro che incrementare i livelli di riscaldamento globale tramite le emissioni inquinanti rilasciate dagli impianti di condizionamento, tra cui diossido di carbonio e gas fluorati. Come già sappiamo, l’incremento di CO2 nell’atmosfera potenzia l’effetto serra, aumenta il calore e la temperatura media globale. I gas fluorurati (F-gas) sono invece una famiglia di gas artificiali usati in più settori industriali – dai frigoriferi ai pannelli isolanti per l’edilizia – e offrono un’elevata efficienza di refrigerazione, per questo sono molto utilizzati all’interno degli impianti di condizionamento dell’aria. E anche gli F-gas sono estremamente inquinanti e pericolosi per l’ambiente.

Le alternative per stare freschi nel villaggio olimpico quindi?

Gli appartamenti sono stati costruiti per evitare il più possibile l’esposizione al sole, dotati di un sistema di isolamento e di un sistema di raffreddamento geotermico che utilizza l’energia termica del sottosuolo per abbassare le temperature.

L’aria condizionata residenziale a Parigi è relativamente rara, e i test effettuati hanno dimostrato che gli alloggi degli atleti possono rimanere stabilmente 6 °C più freschi rispetto all’esterno.

Altri numeri interessanti (oltre al 60% del menù con piatti senza carne e 15mila letti in cartone)

  • 200: Parigi 2024 ha installato circa 200 distributori di bevande (ma c’è anche la Coca-Cola!) nel villaggio per contribuire all’obiettivo di dimezzare l’uso di plastica monouso nella ristorazione. Inoltre, al ristorante del Villaggio Olimpico non ci saranno  bottiglie di plastica
  • 55: il numero di autobus a disposizione di atlete e atleti per raggiungere le sedi di allenamento e di gara. Inoltre, il sito è dotato di una flotta di veicoli 100% elettrici e 100% inclusivi per facilitare gli spostamenti all’interno del Villaggio stesso
  • 400: sulla Senna, EDF ha installato una centrale solare di 400 m², mobile, galleggiante e smontabile, che produce 78 kWp di elettricità per coprire il consumo di 94 appartamenti del Village. EDF ha inoltre installato una centrale solare temporanea sul tetto della stazione degli autobus del Village
  • 345.000: il numero totale di mobili necessari per arredare i 2.800 appartamenti del villaggio. Una parte dei mobili è riutilizzata o riciclata e alla fine dei Giochi, tutti questi arredi troveranno una seconda vita: riutilizzo, donazione ad associazioni o riciclaggio per gli oggetti danneggiati

Tutto bello, ma anche no

In molti ce l’hanno a morte con l’organizzazione tutta. “Si mangia male, fa caldo e non c’è l’aria condizionata. Molti atleti si spostano e se ne vanno“, sbotta l’azzurro Ceccon dopo l’eliminazione dai 200 dorso.

Di fatto, nell’Île-de-France le temperature dovrebbero essere intorno ai 35 gradi in questi giorni e questo preoccupa non poco gli atleti e le atlete, che di contro poco trasporto avevano nell’assistere proprio ora un Pianeta che chiede aiuto.

A molti, infatti, non bastano evidentemente i più di 8mila ventilatori messi a disposizione, i pavimenti reversibili per rinfrescare le abitazioni, tanti alberi e spazi verdi.

Un atteggiamento per certi versi comprensibile, per altri corrispondente alla cifra esatta del dilemma del secolo: quanto siamo disposti a rinunciare alle nostre comodità pur di garantire il benessere delle generazioni future? La domanda, invece, che si pongono le delegazioni ora sarebbe: proprio da noi dovevate cominciare ad accorgervi che il mondo è a rotoli? Vero, ma non verissimo. La questione è piuttosto proprio questa: bisogna partire da eventi così risonanti a livello planetario per porre le basi di un effettivo cambiamento.

Quanto sarebbe costato, al Pianeta, introdurre menù a base di carne per migliaia e migliaia di persone? Quanto sarebbe costato mettere su dei sistemi di aria condizionata, sapendo che nel 2022 il “raffreddamento degli spazi abitativi” ha causato un consumo di circa 2.100 TWh di energia, il 7% dei 29.000 TWh richiesti a livello globale quell’anno, e circa il 20% dell’elettricità utilizzata negli edifici (dati di Our World In Data, che riprende dati dell’International energy agency)?

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