Busy braging: sono un medico e ti spiego perché vantarsi di lavorare troppo fa male

Il lavoro è certamente una priorità, ma attenzione a non esagerare perché stress e problemi sono dietro l'angolo

Viviamo in una società che ha elevato il lavoro incessante a virtù e dove l’ozio, un tempo considerato un vizio capitale, è diventato vero e proprio tabù. Se pensiamo a come è cambiato il mondo del lavoro negli ultimi decenni, noteremo che la figura dello “yuppie” degli anni Ottanta, tutto impegno e culto del successo personale, ha lasciato un’impronta profonda, diventando portatore di un messaggio in cui la mansione svolta diventa il principale metro di giudizio sul valore delle persone.

Le conseguenze sulla salute

Una cultura del lavoro del genere, in cui esso viene prima di qualsiasi altra faccenda, può avere conseguenze gravi. Nel nostro Paese, solo il 18% delle persone è soddisfatto del proprio equilibrio vita-lavoro, mentre il burnout è una realtà per il 35% dei lavoratori.

Il burnout, ricordiamolo, non è semplice stanchezza, ma una condizione di esaurimento fisico, emotivo e mentale causato da stress prolungato ed eccessivo, che porta ad una riduzione delle prestazioni lavorative, a un distacco emotivo dal proprio lavoro e a un senso di ridotta realizzazione personale.

In Giappone, il karōshi, o “morte per troppo lavoro”, è un problema sociale riconosciuto. Il caso emblematico del responsabile marketing di Sony, morto per un collasso cardiaco dopo aver accumulato oltre 80 ore mensili di straordinario, dovrebbe far riflettere, come quello in cui una reporter della NHK fu trovata morta, con il cellulare in mano, dopo aver fatto ben 146 ore di straordinario in un solo mese.

Il fenomeno del “busy bragging”

Il “busy bragging” è il vantarsi di essere sempre occupati. Spesso ci troviamo ad ascoltare colleghi, amici e conoscenti lamentarsi degli orari folli e delle mille mansioni che li aspettano: che ne siano consapevoli o no, fa parte di un fenomeno profondamente radicato nella nostra cultura, dove lo stress viene spesso considerato un segno di successo, e l’essere sempre impegnati viene visto come un indicatore di importanza e competenza.

Studi recenti dimostrano che un tale atteggiamento può ritorcersi contro di noi. Secondo una ricerca del Terry College of Business dell’Università della Georgia, chi si lamenta del proprio stress viene percepito come meno competente e simpatico dai colleghi. La ricerca ha coinvolto 360 partecipanti che hanno valutato il comportamento di un collega immaginario che si abbandonava allo stress vantandosi. I risultati sono chiari: chi ostenta lo stress non solo non riceve comprensione, ma viene visto come meno efficiente e meno piacevole.

Un’epidemia psicologica

Vantarsi dello stress può peggiorare l’immagine professionale e creare un effetto a catena. L’ascolto continuo di lamentele sullo stress può far aumentare la percezione dello stesso tra i colleghi, creando una sorta di psicosi collettiva in grado di peggiorare drasticamente l’ambiente di lavoro. Questa cosiddetta “epidemia di stress” può portare a un ambiente lavorativo tossico, dove il burnout diventa la norma piuttosto che l’eccezione.

La seconda parte dello studio del Terry College of Business ha coinvolto quasi 220 interviste a persone che lavorano in gruppi: i risultati hanno mostrato che avere colleghi che si vantano dello stress può influenzare negativamente la percezione dello stress personale, aumentando il rischio di burnout tra tutti i membri del team. La catena dello stress, come per il precedente esempio, può facilmente diventare un circolo vizioso, dove lo stress alimenta altro stress, creando un ambiente di lavoro sempre più difficile e insostenibile.

L’alternativa: accettare l’ozio

Contrariamente al mito dell’essere sempre occupati, esistono filosofie che promuovono l’accettazione dell’ozio. Il niksen olandese, ad esempio, invita a non fare assolutamente nulla per una parte della giornata, il che non significa semplicemente rilassarsi, ma abbracciare il concetto di non fare niente di produttivo: non leggere, non meditare, semplicemente lasciare la mente vagare e perché no, abbracciare un po’ di noia.

Accettare l’ozio può sembrare controintuitivo in una società che valorizza la produttività sopra ogni cosa, ma i benefici sono evidenti. Numerosi studi hanno dimostrato che periodi di inattività possono migliorare la creatività, aumentare la produttività a lungo termine e ridurre i livelli di stress. Inoltre, momenti di ozio permettono al cervello di riposare e ricaricarsi, migliorando la salute mentale complessiva.

Un cambiamento culturale necessario

Per migliorare la salute e il benessere, è necessario un cambiamento culturale. Dobbiamo smettere di glorificare lo stress e il lavoro incessante e iniziare a valorizzare l’equilibrio tra vita e lavoro. Questo richiede un impegno sia a livello individuale che collettivo. Le aziende devono promuovere politiche che favoriscano la flessibilità e il benessere dei dipendenti, mentre noi, come individui, dobbiamo imparare a dare priorità al nostro benessere personale.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Leggi anche:

 

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook