“Ma come si fa a dimenticare un figlio in auto?”. Silenzio, ecco perché nessuno dovrebbe giudicare

Purtroppo, è accaduto di nuovo. Una bambina di un anno e mezzo è morta dopo essere stata dimenticata in auto sotto il sole cocente dal padre. Questa ennesima tragedia non dovrebbe spingerci a giudicare, ma serve come triste promemoria di quanto possa accadere a causa delle nostre vite frenetiche e stressanti

Ancora una volta, ci troviamo a raccontare una storia drammatica che purtroppo ciclicamente si ripete, colpendo al cuore e lasciando senza parole, perché davvero, al di là dei facili giudizi, può accadere a chiunque. Una bambina di un anno e mezzo, Agnese, è morta dopo essere stata dimenticata in auto dal padre, sotto il sole cocente a Marcon, in provincia di Venezia.

La dinamica dell’incidente è straziante e pone l’accento su una delle più terribili conseguenze che può comportare la vita che in tanti conduciamo: frenetica, stressante e che ci espone anche a situazioni di black out molto pericolose.

Il copione è sempre lo stesso: il padre, che avrebbe dovuto lasciare la piccola all’asilo nido, si è recato invece al lavoro, dimenticando la figlia sul sedile posteriore del SUV. Solo dopo alcune ore, i colleghi, durante la pausa pranzo, hanno notato la bambina in auto, ma per lei era ormai troppo tardi.

La temperatura all’interno del veicolo aveva raggiunto livelli altissimi, con il calore che ha rapidamente trasformato l’auto in una trappola mortale. Il papà sotto shock per quanto accaduto e la mamma sono stati immediatamente assistiti da psicologi per il trauma subito.

Perché nessuno dovrebbe giudicare

Questa famiglia è ora al centro di un dramma che nessuno dovrebbe giudicare. Siamo esseri umani e purtroppo, come tali, soggetti ad errori e distrazioni anche tragiche, favorite dalla vita dai ritmi disumani che spesso conduciamo. Anche i genitori più amorevoli possono cadere vittima di tragici episodi come questo.

Vi starete chiedendo: ma non c’è l’obbligo di avere seggiolini dotati di dispositivi anti-abbandono? Sì, in effetti esiste questa misura preventiva, ma non tutti effettivamente la utilizzano, a volte il sensore potrebbe essere difettoso (e nessuno magari se ne accorge) e comunque non sempre è sufficiente ad evitare tragedie come questa. Sono molte le variabili che possono influenzare tali eventi, e puntare il dito contro chi è già distrutto dal dolore non è certo la soluzione.

Non c’è da sentirsi superiori, infatti chiunque potrebbe trovarsi in una situazione simile. Uno studio dello scorso anno ha rivelato che alla base delle “dimenticanze” vi è l’enorme quantità di stress che la maggior parte dei genitori affronta ogni giorno. Dimenticare un bambino in auto non rappresenta, quindi, un problema di negligenza, ma piuttosto di memoria.

Inoltre, la ricerca dimostra che queste tragedie diventano più frequenti d’estate, poiché durante questa stagione la maggior parte delle famiglie cambia la propria routine, interrompendo i normali schemi comportamentali.

Dal 1998, sono 12 i bambini morti in Italia per essere stati dimenticati in auto, due dei quali dopo l’introduzione delle normative sui dispositivi anti-abbandono. Questo indica che, oltre alla tecnologia, è necessario un ulteriore sforzo collettivo per aumentare la consapevolezza e prevenire simili tragedie.

Resta da chiarire se il seggiolino di Agnese fosse dotato del sistema di sicurezza previsto e se funzionasse correttamente. Le indagini delle forze dell’ordine si concentreranno su questi aspetti.

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Fonte: Corriere del Veneto

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