Riccio: l’animale simbolo del 2024 ci insegna l’importanza della fiducia ma anche dell’autodifesa

Simboleggia la fiducia, intesa come capacità di affidarsi agli eventi e alla vita con animo positivo, anche nei momenti di difficoltà. Ma anche la capacità di di stabilire confini sani per proteggere se stessi

Quest’anno in Germania il riccio è stato eletto animale simbolo del 2024 dalla Deutsche Wildtierstiftung, iniziativa a cui le associazioni animaliste del posto attribuiscono grande importanza. Vi abbiamo già descritto più volte questo simpatico animale, ma ancora non ci siamo addentrati nella sua simbologia.

Armato di aculei che lo fanno sembrare ostile, in realtà è assolutamente pacifico. Inoltre, secondo l’Enciclopedia dei Simboli di Hans Biedermann, è noto fin dall’antichità per la sua saggezza e per la fama di – prudente accumulatore di scorte alimentari -.

Inoltre nel Bestiarium medievale viene celebrato per il suo acume perché, quando si trova in pericolo, prontamente si appallottola. Medesimo acume lo dimostra quando costruisce la sua tana, che è provvista di due accessi.

Il riccio è anche associato alla fertilità e alla Madre Terra perché “striscia su di essa” e in Asia Centrale era associato all’abbondanza dei raccolti. Mentre nell’antica Babilonia simboleggiava la famosa dea Ishtar. Non è comunque privo di difetti: i peggiori che gli vengono attribuiti sono l’avarizia e l’iracondia.

Un’ulteriore simbologia di questo animale è la fiducia, intesa come capacità di affidarsi agli eventi e alla vita con animo positivo, anche nei momenti di difficoltà. Per non parlare dell’amicizia e della spensieratezza.

Se compare sotto forma di animale guida può indicare la necessità di autodifesa, ovvero il bisogno di proteggere i propri confini e la propria energia. Il riccio è infatti associato anche alla protezione, all’autoconservazione e alla resilienza, in grado com’è di stabilire confini sani navigando nelle sfide quotidiane con determinazione.

Chi lo possiede come animale totem si dice sia in grado di prendersi cura di sé e di affrontare qualunque avversità con calma e spirito sereno.

Antonio Gramsci ci parla del riccio nella famosa favola “I Ricci e le mele”, che racconta la storia di cinque ricci che raggiunsero un campo di meli in una notte autunnale illuminata dalla luna. Due erano grossi, tre piccolini, e tutti trotterellarono nell’erba finché non raggiunsero gli alberi.

Qui trovarono delle mele fatte cadere dal vento e le fecero rotolare per creare un mucchio. Dato che le mele erano poche, mamma e papà riccio decisero di arrampicarsi su un albero curvo e, scuotendolo, ne fecero cadere altre, spingendole nel mucchio. I ricci, concluso il lavoro, si arrotolarono sdraiandosi sui frutti che rimasero infilati nei loro aculei. Ognuno di loro ne portò a casa qualcuno, rientrando in fila indiana nella tana.

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FONTI: Enciclopedia dei Simboli di Hans Biedermann/latecadidattica/aboutmybrain

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