Oppio per “alleviare le fatiche”: questi caporali drogavano i loro braccianti per farli lavorare di più

Situazioni allarmanti seguono la tragica morte di Satnam Singh in terra pontina e conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia tangibile il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento illecito, anche e soprattutto nel settore agricolo

Massicce dosi di stupefacenti in grado di alleviare le fatiche, così questi caporali sfruttavano fino al midollo i loro braccianti. Un particolare inquietante dentro a una serie di reati altrettanto allarmanti che sono emersi dall’indagine della Procura di Velletri e che ha portato all’arresto di cinque persone, tre in carcere e due ai domiciliari, accusate non solo di spaccio di sostanze stupefacenti, ma anche di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, corruzione e traffico.

Ancora un volta, quindi, il volto del caporalato riempie le pagine, dopo che la brutale morte di Satnam Singh nelle campagne di Latina ha sconvolto un’intera comunità.

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Ora, come si legge nella nota della Guardi di Finanza, le indagini della Compagnia di Pomezia hanno permesso di ricostruire ruoli e modus operandi di un gruppo che faceva capo a soggetti di nazionalità indiana (e che si diramava ad Ardea, Anzio e Nettuno) che, grazie alla collaborazione di un dipendente pubblico e ai contatti procurati da una rete di procacciatori, aveva fatto regolarizzare sul territorio nazionale oltre 500 extracomunitari, occupandosi della predisposizione della documentazione utile all’avvio e alla definizione della procedura amministrativa.

Un “servizio” che, a quei poveri malcapitati, costava tra i 300 e i 5mila euro, a seconda della tipologia di domanda da avanzare agli uffici pubblici.

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