Secondo un nuovo rapporto, gli Stati membri avrebbero versato 1,34 trilioni di dollari nelle loro forze armate l'anno scorso, con un aumento di 126 miliardi di dollari rispetto al 2022
Sono tutti là, a Washington DC, i leader dei Paesi membri, a celebrare il 75° anniversario della NATO, incuranti del loro impatto ambientale. E non soltanto dell’occasione in sé, quanto di tutte le attività di guerra che si portano appresso: dagli aerei, che consumano enormi quantità di combustibili fossili, alle basi militari e agli hub logistici, passando per l’equipaggiamento militare, che deve essere utilizzato e mantenuto regolarmente per essere pronto al combattimento. Il che, ovvio, produce inquinamento.
Una spesa, quindi, quella militare, che sta aumentando di fatto la crisi climatica, producendo circa 233 milioni di tonnellate di gas serra, più inquinamento da riscaldamento del pianeta di alcuni interi Paesi, come Qatar o Colombia.
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Sono i dati che emergono da un nuovo rapporto dei tre centri di ricerca Transnational institute, Tipping point North South e Stop wapenhandel, che rivela come i bilanci militari dei Paesi membri dell’Alleanza atlantica producano circa 233 milioni di tonnellate di gas serra ogni anno.
La nostra ricerca mostra che la spesa militare aumenta le emissioni di gas serra, distoglie finanziamenti critici dall’azione per il clima e consolida un commercio di armi che alimenta l’instabilità durante il collasso climatico, dicono i ricercatori, mostrando una correlazione tra l’aumento degli investimenti militari tra i membri della Nato – che hanno raggiunto 1.340 miliardi di dollari nel 2023 – e l’aumento dell’emissione di CO2 di questo settore.
Gli Stati Uniti, già il principale emettitore istituzionale militare, hanno guidato l’aumento con 55 miliardi di dollari, seguiti da Polonia, Regno Unito e Germania.
La Nato comprende solo il 16% di tutti i Paesi con 32 Stati membri. L’anno scorso, i membri sono stati responsabili del 55% di tutte le spese militari globali e l’aumento della spesa militare dei paesi della NATO aggiungerà ulteriori 31 milioni di tonnellate di emissioni di riscaldamento del Pianeta all’atmosfera, un aumento di circa il 15%, o l’equivalente di gas serra dell’aggiunta di 6,7 milioni di auto statunitensi medie sulle strade per un anno.
Se solo l’aumento della spesa militare della NATO fosse dirottato verso scopi climatici positivi, potrebbe coprire completamente i finanziamenti minimi per il clima per i Paesi in via di sviluppo proposti ai negoziati sul clima delle Nazioni Unite di quest’anno.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, il principale organismo mondiale per il clima, afferma che il mondo deve ridurre le emissioni del 43% entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi più ambiziosi dell’accordo di Parigi. Raggiungere questo obiettivo, hanno calcolato i ricercatori, richiederà una riduzione annuale delle emissioni militari di almeno il 5%.
E i Paesi della Nato? Si stanno muovendo nella direzione sbagliata, tanto che solo nel 2023, l’alleanza avrebbe assunto “un impegno duraturo” per versare almeno il 2% dei propri bilanci nazionali alle proprie forze armate. E, secondo i ricercatori, se tutti i membri raggiungeranno l’obiettivo del 2%, entro il 2028 creeranno un inquinamento da gas serra pari alla produzione annuale della Russia.
I veri beneficiari di queste impennate della spesa per la difesa? I produttori di armi, ovvio, che la NATO ha promesso di sostenere con vari piani e impegni.
QUI il rapporto completo.
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