Uno dei più grandi produttori di olio di palma, accusato da alcuni gruppi ambientalisti di violazioni dei diritti umani e dell’ambiente. Ecco cosa si nasconde (ancora) dietro all’olio di palma e perché non dovremmo mai dimenticare di leggere bene le etichette di ciò che compriamo
Ricordate l’olio di palma? Se n’è fatto un gran parlare tanto qualche tempo fa, a causa del suo importante impatto ambientale e anche dei suoi dubbi effetti sulla salute, poi il silenzio. Eppure le attività illegali e l’accaparramento incrollato di terre continuano eccome, così come proseguono le azioni criminali di Astra Agro Lestari (AAL), la seconda tra le più grandi compagnie indonesiane di olio di palma.
Secondo il nuovo rapporto New report: Indonesian palm oil violations are vast di Friends of the Earth sono almeno 1.100 gli ettari di foreste occupati da piantagioni illecite, tra violenze e soprusi, e per le quali nessuno ha mai chiesto uno straccio di consenso alle comunità locali.
Il rapporto Coltivare il conflitto: come Astra Agro Lestari, i marchi e la grande finanza capitalizzano le lacune di governance dell’Indonesia rivela che le violazioni ambientali e di governance di AAL sembrano essere più estese di quanto inizialmente documentato. Lo studio di Friends of the Earth US e delle sue controparti indonesiane e olandesi, rispettivamente Walhi e Milieudefensie, infatti, fa seguito a un precedente rapporto pubblicato nel 2022, che esaminava tre filiali dell’AAL che operavano sull’isola di Sulawesi, impegnate nell’accaparramento di terre, nel degrado ambientale e nella persecuzione criminale dei difensori dell’ambiente e dei diritti umani.
Il nuovo rapporto amplia il campo di applicazione analizzando tutte le filiali note di AAL, le cui operazioni si estendono in tutta l’Indonesia, e ha riscontrato ulteriori violazioni, inclusa la gestione di piantagioni senza permesso e all’interno di aree che dovrebbero essere vietate dalla legge indonesiana.
Sulla scia delle accuse del 2022 di violazioni ambientali e dei diritti umani, furono almeno 10 i marchi che sospesero l’approvvigionamento di olio di palma da AAL, tra cui anche è il gigante alimentare statunitense Kellogg’s. Il produttore di cereali si è unì allora a Mondelez, produttore di Hershey, PepsiCo e Oreo, per prendere le distanze da AAL.
Ad oggi, invece, i principali commercianti agroalimentari come ADM, Bunge, Cargill e Olam continuano a procurarsi olio di palma da stabilimenti associati alle filiali AAL implicate, secondo il nuovo rapporto.
Così come sono almeno 18 marchi di consumo globali, tra cui:
- Unilever
- Barry Callebaut
- General Mills
E nonostante il voto degli azionisti di BlackRock, continua a finanziare AAL e le sue società madri, insieme ad altri finanziatori come Vanguard, HSBC e il fondo pensione olandese ABP.
QUI trovi il rapporto completo.
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