Così il Circo Massimo si è zittito e commosso sulle note di “Facciamo finta” di Niccolò Fabi

Il Circo Massimo si è zittito e commosso ascoltando "Facciamo finta" di Niccolò Fabi, un momento indimenticabile che ha toccato i cuori di tutti i presenti.

Sabato scorso, 6 luglio, al Circo Massimo di Roma si è tenuto il concerto di Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè per festeggiare i dieci anni dall’uscita de Il padrone della festa, l’album che i tre artisti romani hanno pubblicato nel 2014.

Davanti a oltre cinquantamila persone, venute da tutta Italia per l’evento, Fabi, Silvestri e Gazzè hanno cantato alcuni tra i pezzi più importanti della loro carriera ormai trentennale. È stata una grande festa, durata più di tre ore, durante la quale ognuno di loro ha portato la propria storia, la propria unicità, la personalità e lo stile che l’ha contraddistinto e che, ancora oggi, a distanza di tanto tempo, rappresenta la sua cifra.

Niccolò Fabi, che tra i tre artisti è certamente quello più intimista, ha scelto di cantare un brano potente, sebbene appena sussurrato, dolorosamente vivo, una canzone che taglia e ricuce, che conforta, che abbraccia. Una canzone che il suo pubblico conosce bene, perché fa parte di un album, Una somma di piccole cose, tra i più amati del cantautore. Si chiama Facciamo finta e, durante la festa al Circo Massimo, è stata la grande protagonista della serata.

Niccolò Fabi canta Facciamo finta e commuove l’intero Circo Massimo

Sono bastate poche note, i primi versi della canzone, e il pubblico presente al Circo Massimo ha iniziato ad ascoltare in religioso silenzio l’esecuzione di Fabi, che è stata profondamente sentita, sofferta. Impossibile cantare sulla sua voce, quello che è successo in quei tre minuti è quanto di più vicino ci sia al concetto, spesso abusato e inflazionato, di emozione. Provate a immaginare cinquantamila persone in silenzio, con gli occhi lucidi, che guardano un uomo che si racconta con tutta l’onestà di cui è capace: il Circo Massimo, di colpo, è diventato una stanza minuscola, in cui ognuno dei partecipanti si è ritrovato a fare i conti con un’emozione invadente eppure gentile, totalizzante ma accogliente. Di colpo, non eravamo più migliaia e migliaia, ma ognuno da solo con la storia che Niccolò stava raccontando: sembrava parlasse a ognuno di noi.

È stato un sollievo, alla fine, quando dopo gli ultimi versi, forse i più toccanti (Facciamo finta che io torno a casa la sera / E tu ci sei ancora sul nostro divano blu /Facciamo finta che poi ci abbracciamo /E non ci lasciamo mai più), abbiamo rialzato i nostri sguardi e ci siamo ritrovati tutti insieme. Ecco, non essere soli, alla fine, è stato un conforto, è stato come abbracciarci, e nessuno si è vergognato dei propri occhi lucidi, anzi, li ha mostrati con fierezza, con orgoglio, era il segno tangibile del passaggio di quell’emozione. L’emozione.

In quel momento, è successo un fatto importante, soprattutto visti i tempi che corrono, che ci impediscono di fermarci, di stare insieme autenticamente: è avvenuta la condivisione. Noi, lì presenti, abbiamo condiviso noi stessi con gli altri: nessuno sapeva la storia del vicino di posto, ma tutti eravamo certi di poterci fidare, di poterci affidare all’altro. La musica, in quel momento, ha fatto quanto di più bello possa fare: ha unito le persone. L’ha fatto per davvero. L’emozione ci ha incollato gli uni agli altri e alla fine, in un applauso lungo un numero infinito di minuti, ognuno di noi ha espresso la propria gratitudine a Niccolò per averlo permesso. Era un grazie, il nostro. Sentito, commosso, sincero. Era un modo per dirgli, e per dirci, che è stata la cosa più umana che potessimo vivere.

Il video dell’esibizione

Un video non può restituire la bellezza che il pubblico del Circo Massimo ha sentito addosso, sulla pelle, ma può diventare un modo per non spezzare la condivisione di cui parlavo. Può diventare un modo per ricordarci che è stato possibile, che un’emozione sopravvive a tutto, pure ai tempi che stiamo vivendo, e che condividere un’emozione è (ancora) un fatto rivoluzionario, per questo necessario. Non serve che facciamo finta, stavolta: Niccolò ha fatto davvero il suo piccolo, grande miracolo.

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