Fast fashion, Shein lancia la sua piattaforma di seconda mano (e si macchia nuovamente di greenwashing)

Shein crede di ripulire la sua immagine con il lancio di una piattaforma di seconda mano, ma non fa niente per ridurre l’impatto della fast fashion e per migliorare le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti

Shein ha recentemente lanciato la sua piattaforma di seconda mano, Shein Exchange, in Europa, iniziando dalla Francia e pianificando di espandersi presto in Germania e nel Regno Unito. Sebbene questa iniziativa possa sembrare un passo verso la sostenibilità, è importante analizzarla criticamente, soprattutto considerando il contesto della fast fashion di cui l’azienda è tra le “regine”.

Shein è infatti nota per la sua produzione di abbigliamento a basso costo, spesso associata all’usa e getta. Il modello di business dell’azienda si basa sulla produzione rapida e massiva di capi di abbigliamento a prezzi stracciati, alimentando una cultura del consumismo e contribuendo significativamente all’inquinamento ambientale.

La creazione di una piattaforma di rivendita, quindi, potrebbe sembrare più un tentativo di migliorare la propria immagine pubblica piuttosto che un vero impegno verso la sostenibilità. Un vero e proprio esempio di greenwashing, le pratiche ingannevoli di alcune aziende che cercano di apparire più ecologiche di quanto non siano realmente.

In questo caso, Shein sta cercando di posizionarsi come sostenitore della moda circolare, ma senza affrontare il problema fondamentale del suo modello di business: la sovrapproduzione e l’abbigliamento a breve termine. La piattaforma di rivendita potrebbe ridurre una piccola parte dei rifiuti prodotti, ma non risolve il problema principale della produzione eccessiva e del consumo sfrenato.

Potrebbe anche incentivare l’acquisto impulsivo

Caitrin Watson, direttore della sostenibilità di Shein, ha dichiarato che l’azienda è consapevole di dover fare di più per raggiungere un futuro tessile circolare entro il 2050. Tuttavia le dichiarazioni di intenti non sono sufficienti se non accompagnate da azioni concrete che vadano oltre il lancio di una piattaforma di seconda mano. Ridurre la produzione e migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche sono passi essenziali che Shein deve affrontare per dimostrare un vero impegno verso la sostenibilità.

Inoltre il lancio della piattaforma Shein Exchange potrebbe essere visto come un modo per continuare a promuovere la cultura del fast fashion. I prezzi bassissimi dei capi di seconda mano potrebbero incentivare ulteriormente l’acquisto impulsivo, perpetuando il ciclo di produzione e consumo rapido che caratterizza la fast fashion. Questo non solo mantiene alta la domanda di nuovi capi, ma minimizza anche l’impatto percepito dell’acquisto di abbigliamento a breve termine.

Infine, sebbene la piattaforma di rivendita possa sembrare un’iniziativa positiva, è fondamentale che i consumatori rimangano critici e consapevoli delle pratiche aziendali di Shein. Promuovere una vera sostenibilità richiede cambiamenti strutturali profondi e un impegno reale a lungo termine, non semplici operazioni di facciata per migliorare l’immagine pubblica.

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Fonte: SHEIN

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