L'Unione Europea si prepara a stabilire nuove misure per tassare le aziende della fast fashion responsabili di un devastante impatto ambientale, favorito anche da pratiche di marketing aggressive
Nei giorni scorsi, il vertice del Consiglio dell’Unione Europea ha deciso una strategia per affrontare il devastante impatto ambientale della fast fashion. Con il supporto di diverse nazioni europee, l’UE si prepara a introdurre nuove misure punitive mirate alle aziende che sfruttano strategie di marketing aggressive per promuovere un consumo eccessivo di vestiti a basso costo.
Le proposte discusse al vertice includono l’implementazione di tasse sulle imprese che adottano modelli di business basati su produzioni massicce e veloci, spesso a scapito dell’ambiente. Questa politica, parte di una revisione più ampia delle norme UE sulla gestione dei rifiuti, mira a porre fine al ciclo dell'”usa e getta” che caratterizza la cosiddetta fast fashion.
Secondo le nuove direttive, le aziende saranno chiamate a pagare contributi proporzionali ai costi di smaltimento dei rifiuti tessili generati dai loro prodotti. Questo sistema, noto come Extended Producer Responsibility (EPR), non solo punta a incentivare la progettazione di prodotti più duraturi e sostenibili, ma impone anche un’attenta valutazione dell’impatto ambientale delle pratiche produttive.
Una delle critiche più accese è rivolta alle strategie di marketing che spingono il consumatore a sostituire continuamente i propri capi, creando così un flusso costante di rifiuti tessili. Questo approccio è stato direttamente associato alla crescente quantità di vestiti che vengono scartati ancora prima di essere usati, fenomeno che l’UE mira ora a contrastare con regolamentazioni più severe.
Il dibattito si è intensificato ulteriormente con l’attenzione su giganti del settore come Shein, il cui rapido successo è stato alimentato da una produzione su larga scala e da una distribuzione tramite piattaforme digitali. Proposte di tassazione simili, come quella francese, evidenziano la volontà dei governi europei di regolamentare queste pratiche commerciali per ridurre l’impatto ambientale di prodotti che neppure ci servono davvero.
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Organizzazioni ambientaliste come la Ellen MacArthur Foundation, accolgono con favore queste misure come un passo avanti cruciale nella transizione verso un’economia circolare. Valérie Boiten ha sottolineato l’importanza di spostare l’attenzione non solo sulla raccolta e il riciclaggio, ma anche sulla progettazione di prodotti che possano essere riparati, riutilizzati e infine riciclati in modo sostenibile.
Con il Parlamento europeo ora coinvolto nei negoziati finali, resta da vedere come si evolveranno queste proposte e quali compromessi potrebbero essere necessari per raggiungere un consenso tra tutti gli Stati membri. Tuttavia, l’UE sembra determinata a stabilire nuovi standard globali per la sostenibilità e la responsabilità ambientale del settore dell’abbigliamento. E sarebbe ora!
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Fonte: EuroNews
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