Hai mai pensato di indossare i tuoi vestiti un paio di volte prima di lavarli? La rivoluzione “No wash”

Lavando meno i vestiti se ne preserva bellezza e durata e si riducono gli sprechi di acqua ed energia: tutto questo sta alla base del movimento No wash

Per il bene del Pianeta, lava i tuoi vestiti il meno possibile: questo è il mantra del movimento No wash. Questa nuova tendenza sta guadagnando popolarità e si basa su un approccio innovativo all’igiene dell’abbigliamento, supportato da esperti di moda sostenibile, ambientalisti e appassionati di moda.

Il movimento No wash incoraggia le persone a limitare il lavaggio dei propri vestiti per preservarne la bellezza e la durata, riducendo anche gli sprechi di acqua ed energia. È noto che l’industria della moda è uno dei settori più inquinanti al mondo, non solo per la produzione eccessiva di abbigliamento, ma anche per l’uso di risorse naturali come acqua ed energia durante i processi di produzione e lavaggio.

Ridurre la frequenza dei lavaggi aiuta a diminuire l’uso di acqua e a ridurre l’impatto ambientale complessivo. Inoltre lavare e asciugare i vestiti richiede una grande quantità di energia, soprattutto quando si utilizzano lavatrici e asciugatrici. Adottare questo approccio può quindi ridurre il consumo energetico, beneficando non solo l’ambiente ma anche le finanze dei consumatori, viste le crescenti bollette energetiche.

Tante star sostengono il movimento No wash

Un altro vantaggio del No wash è la riduzione della sovrapproduzione, un problema che affligge principalmente la fast fashion. Meno lavaggi, che nel tempo causano usura e deterioramento dei tessuti, significano una maggiore durata degli indumenti. Questo riduce la necessità di acquistare nuovi capi con maggiore frequenza.

Il movimento No wash è sostenuto da molte celebrità internazionali, la cui influenza mediatica è significativa. Tra questi Leonardo DiCaprio, Charlize Theron e Brad Pitt. Anche figure importanti del settore della moda, come la stilista e attivista Stella McCartney, sono sostenitrici del movimento.

L’impatto ambientale della moda, come detto, è enorme. È un’industria cruciale per l’economia di molti Paesi e solo in Italia genera un fatturato di oltre 100 miliardi di euro. Tuttavia è anche uno dei settori più inquinanti al mondo, contribuendo all’8-10% delle emissioni globali di CO2, pari a 4-5 miliardi di tonnellate ogni anno.

La fast fashion, con le sue produzioni fuori controllo, consuma volumi d’acqua insostenibili: sono necessari 11.000 litri d’acqua per produrre un chilo di cotone. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, le emissioni dell’industria tessile aumenteranno del 60% entro il 2030, mentre ogni anno vengono scartate 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

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