Flash floods, inondazioni improvvise: perché anche la tragedia dei ragazzi del Natisone dipende dalla crisi climatica

A provocare la tragedia del Natisone è stata una “inondazione improvvisa”. Di che si tratta e in che misura è collegata alla profonda crisi climatica in atto

Le valli del Natisone, che da Cividale del Friuli si estendono a ventaglio verso Nord Est, sono un assaggio delle Alpi. Qui, a una manciata di chilometri dal confine con la Slovenia, rappresentano uno scrigno prezioso della natura. Quella stessa natura che fa il suo corso e travolge, quella stessa natura che non abbiamo imparato a rispettare e che, ora, nel suo modo più atroce, ci manda segnali inequivocabili.

Esattamente come accade quando parliamo di alluvioni in senso stretto che sconvolgono mezzo mondo (e abbiamo imparato che l’Italia non ne è immune), anche la tragedia che proprio in quei luoghi si è consumata deve farci riflettere: quanto c’entra la crisi climatica? Che misure stiamo prendendo?

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Le notizie di queste ore che arrivano dal Natisone sono sconfortanti. A uno a uno, ora dopo ora, abbiamo sperato che quei tre ragazzi venissero trovati vivi (nel momento in cui sto scrivendo sono stati recuperati solo i corpi delle due ragazze, non dell’amico che era si trovava con loro).

Cosa è accaduto?

Flash floods, le inondazioni improvvise

È accaduto quello che i geologi chiamano “flash flood”, ossia una inondazione improvvisa (o alluvione).

Come si legge sul sito della NASA, si tratta di un rapido e fulmineo aumento dell’acqua lungo un ruscello, ma anche in un’area urbana bassa, che si verifica entro sei ore da un evento piovoso significativo e di solito è causata da temporali intensi che producono forti piogge in un breve lasso di tempo.

La piena è tanto più ravvicinata quanto più l’asta fluviale è corta, ragione per cui probabilmente nel Po non si sarebbe verificata.

Una cosa del tutto naturale, quindi? Pare di sì, al netto del fatto che un simile fenomeno, e quello che lo precede (violenti e improvvisi temporali), viene esacerbato dal cambiamento climatico, per cui non sarà sufficiente conoscere l’alveo di un fiume (chi va per fiumi, per esempio, sa che sono da evitare luoghi di sabbie mobili o dove si formano i mulinelli di corrente) o – nella migliore delle ipotesi – in tempo reale le previsioni meteorologiche, perché – come nel caso dei tre ragazzi (e come si fa notare nel video sotto) – può essere molto veloce il tempo che trascorre tra l’allarme (se c’è) e il disastro.

Uno studio del 2018, inoltre, pubblicato su Nature Communicatione, prevede che le inondazioni improvvise attribuite a tempeste diventeranno più frequenti e dannose a livello globale a causa del riscaldamento del clima e dei cambiamenti di origine antropica.

A tutto questo mettiamoci anche la mancanza di manutenzione e il dissesto idrogeologico.

La (non) manutenzione e il dissesto idrogeologico

A tale proposito, ciò che spesso si dimentica in Italia è che un fiume va ripulito dai rifiuti, senza mai eliminare dagli argini gli alberi e tutta la vegetazione, che dissipa energia, il che renderebbe il fiume ancora più pericoloso. Per tutelare le nostre acque, inoltre, sarebbe in generale necessario investire negli impianti di depurazione delle acque reflue e combattere l’inquinamento da plastica.

Quanto al dissesto e alla sicurezza idrogeologica, queste sono questioni ormai annose che ci portiamo dietro dalla notte dei tempi. ; è comunque di lunga data. Nel 2016, dal Rapporto Polaris del Cnr sulle nostre acque interne emerse che i cambiamenti climatici, con il livello di piogge in aumento ogni anno, e l’abusivismo in prossimità di aree a rischio, ci portano a danni ingenti.

Le risorse per interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio sono scarse e i risultati si vedono in caso di inondazione o alluvione, si legge.

Un capitolo sempre aperto, dunque.

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