Ispirandosi alla tecnologia dei "moisture vaporator" di Star Wars, un gruppo di ingegneri di Kozhikode ha creato una macchina innovativa in grado di trasformare l'aria umida in acqua potabile
Quando la città indiana di Kozhikode si trovò ad affrontare una crisi idrica senza precedenti, un gruppo di giovani ingegneri decise di cercare soluzioni fuori dagli schemi. Ispirandosi a un dispositivo immaginario visto nei film di Star Wars, Swapnil Shrivastav e i suoi colleghi fondarono Uravu Labs, una startup che trasforma l’aria umida in acqua potabile.
Questa innovazione, nata da un mix di curiosità e necessità, promette di rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la scarsità d’acqua, dimostrando che a volte la fantascienza può diventare realtà. Lo studente di ingegneria Swapnil Shrivastav, ideatore del progetto, ha così commentato la sua invenzione:
Un elemento di ispirazione è stato Star Wars, dove c’è un dispositivo che converte l’aria in acqua. Ho pensato, perché non provarci? Era più un progetto di curiosità.
Secondo Wookiepedia, un “moisture vaporator” è un dispositivo utilizzato nelle fattorie di umidità per catturare l’acqua dall’atmosfera di pianeti aridi come Tatooine, dove è cresciuto Luke Skywalker. Questo dispositivo fittizio funziona, secondo la tradizione di Star Wars, estraendo l’umidità dall’aria attraverso condensatori refrigerati che generano campi di ionizzazione a bassa energia. L’acqua catturata viene poi pompata o diretta per gravità in una cisterna di stoccaggio che ne regola i livelli di pH. I vaporatori sono capaci di raccogliere 1,5 litri d’acqua al giorno.
Da un’idea curiosa a una realtà commerciale
Se gli autori di fantascienza potevano ideare i particolari di un tale dispositivo, Shrivastav e i suoi colleghi Govinda Balaji e Venkatesh Raja devono aver pensato di avere buone probabilità di successo. Così, nel 2019, fondarono Uravu Labs, una startup con sede a Bangalore. La loro offerta iniziale è una macchina che converte l’aria in acqua utilizzando un essiccante liquido. Assorbendo l’umidità dall’aria, l’energia solare o rinnovabile riscalda l’essiccante a circa 100°F, rilasciando l’umidità catturata in una camera dove viene condensata in acqua potabile.
L’intero processo richiede 12 ore ma può produrre un impressionante totale di 2.000 litri, circa 500 galloni, di acqua potabile al giorno. Tuttavia, Uravu ha dovuto modificare il suo percorso a causa dei costi di produzione e gestione delle macchine, troppo elevati per l’uso civile con l’attuale tecnologia dei materiali, come spiegato da Shrivastav:
Abbiamo dovuto spostarci verso applicazioni di consumo commerciale poiché erano disposti a pagarci e rappresenta un driver di sostenibilità per loro.
Questo cambiamento è stato sufficiente per mantenere a galla la startup, che ora produce acqua per 40 diversi clienti nel settore dell’ospitalità. Guardando al futuro, Shrivastav, Raja e Balaji stanno pianificando di indagare se l’essiccante può essere reso più efficiente: può funzionare a una temperatura più bassa per ridurre i costi operativi o esiste un altro materiale che potrebbe rivelarsi più economico? Stanno anche esaminando la possibilità di collegare il loro dispositivo ai data center in un progetto pilota che vedrebbe l’utilizzo del calore di scarto proveniente dai centri per riscaldare l’essiccante.
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Fonte: Uravu Labs
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