Benessere animale: le 4 problematiche maggiori che le aziende continuano a ignorare

È stato pubblicato nelle scorse settimane il nuovo benchmark globale sul benessere degli animali d'allevamento (BBFAW), il report che di anno in anno classifica le aziende, anche molte italiane, in base alle proprie politiche, pratiche e perfomance di benessere animale. A che punto siamo?

Benchmark globale sul benessere animale: aumentano gli impegni, ma di una seria presa di posizione e di una implementazione non c’è traccia. Secondo l’ultima analisi di benchmark sugli standard di benessere animale (BBFAW), infatti, anche se quasi tutte le aziende leader analizzate stanno riconoscendo l’importanza del benessere animale, la maggioranza di esse non ha ancora avviato iniziative per metterla in pratica.

Il report classifica 150 produttori alimentari (tra questi per il 2023 sono stati analizzati 8 italiani, tra cui Barilla), supermercati e aziende di ristorazione globali – tra cui McDonalds, Tesco e Tyson Foods – in base alle loro politiche, pratiche e performance di benessere animale.

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Il benchmark è sostenuto dalle associazioni partner Compassion in World Farming e Four Paws e da una coalizione di investitori istituzionali, che quest’annp hanno posto maggiore attenzione alla sezione relativa agli indicatori di performance, che consentono di misurare l’effettivo impatto degli impegni delle aziende nelle proprie filiere. Tra questi rientrano anche i progressi compiuti su temi quali il tempo che gli animali trascorrono in viaggio oppure la percentuale di allevamenti senza gabbie.

Per la prima volta, nella valutazione è stata anche introdotta una sezione relativa alla riduzione della dipendenza dagli alimenti di origine animale e alla diversificazione dell’offerta proteica.

I risultati principali del report

  • Delle otto aziende italiane incluse nel report, Gruppo Barilla ha mantenuto il punteggio più alto, l’unica tra le aziende nazionali a essersi posizionata al quarto livello
  • Il 95% delle aziende alimentari mondiali riconosce ora il benessere animale come tema strategico, con Marks & Spencer (Regno Unito), Premier Foods (Regno Unito) e Waitrose (Regno Unito) che si posizionano al livello 2 della piramide. Ma nessuna azienda si è posizionata al livello 1 della piramide
  • Il 93% delle aziende ha ottenuto una valutazione “E” o “F” nella sezione relativa agli impatti, che misura quanto gli animali allevati nelle loro filiere siano effettivamente protetti da pratiche come il confinamento o le mutilazioni di routine. Tra le aziende che hanno ottenuto il punteggio più basso d’impatto “F” figurano Amazon Whole Foods (USA), Domino’s Pizza Inc (USA), Müller (DE) e Tyson Foods (USA)
aziende alimentari BBFAW

@BBFAW

  • Nessuna azienda ha ottenuto il punteggio “A” o “B” nella sezione relativa agli impatti. Le aziende con la valutazione più alta (“C”) sono state: Marks & Spencer (Regno Unito), Groupe Danone (Francia), Premier Foods (Regno Unito), Waitrose (Regno Unito), Cranswick PLC (Regno Unito) e Migros-Genossenschafts-Bund (Svizzera). Nessuna italiana
  • 19 aziende alimentari globali, tra cui Domino’s Pizza Inc (USA) e Yum China Holdings (proprietaria di KFC in Cina), non hanno ancora pubblicato una policy ufficiale sul benessere degli animali da allevamento
  • Il 25% delle aziende analizzate riconosce la necessità di ridurre la dipendenza dagli alimenti di origine animale e di diversificare l’offerta proteica; 21 aziende, tra cui Greggs, Sodexo e Carrefour, hanno pubblicato obiettivi vincolati nel tempo

I 4 enormi problemi che le aziende continuano a ignorare:

  • le mutilazioni, che oramai sono una routine: la maggioranza delle aziende (il 52%) non ha una policy relativa alle mutilazioni di routine, come la marchiatura a fuoco dei bovini o il mozzamento della coda dei suini
  • il trasporto di animali vivi: solo il 27% delle aziende valutate riferisce che il trasporto di animali è limitato a viaggi brevi (entro 4 ore per pollame e conigli e 8 ore per le altre specie)
  • l’abuso di antibiotici: solo il 40% delle aziende si è impegnato a porre fine all’uso profilattico e metafilattico di routine degli antibiotici, nonostante il rischio di una crescente resistenza agli antibiotici
antibiotici animali

@BBFAW

  • il confinamento: solo il 9% delle aziende con suini nella propria filiera (13 su 137) ha fissato obiettivi realistici per porre fine all’uso delle gabbie di gestazione e allattamento per le scrofe

Le cattive pratiche di allevamento hanno un costo elevato. Non solo nuocciono agli animali, ma aggravano la crisi climatica, causano deforestazione, perdita di biodiversità e – con il massiccio uso di antibiotici – rappresentano una minaccia reale per la salute umana. L’analisi di benchmark sugli standard di benessere animale gioca un ruolo fondamentale nel promuovere standard più elevati fra le principali aziende alimentari al mondo, mostrando i benefici di questo approccio e fornendo un criterio essenziale per informare le scelte degli investitori, conclude Philip Lymbery, CEO globale di Compassion in World Farming.

QUI trovi il rapporto completo.

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