L’Arabia sta costruendo una “eco metropoli” nel deserto (distruggendo l’ambiente e sfollando le tribù locali)

Un progetto folle: costruire una metropoli nel deserto dal costo di 1 trilione di dollari. Sulla carta viene sbandierata la sua sostenibilità, ma la realtà è tutt’altra

Neom è un ambizioso quanto folle progetto promosso dal principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed Bin Salman, il cui obiettivo è la costruzione di una metropoli nel deserto. Il nome “Neom” deriva dalla combinazione di “Neo”, che significa “nuovo” in greco, e la lettera M in riferimento al Mustaqbal, parola araba che significa “futuro”, oltre a rappresentare l’iniziale del principe Mohammed.

Questo progetto, sebbene utopistico, mira a ridurre la dipendenza dell’Arabia Saudita dall’economia petrolifera, un settore che rappresenta una significativa fonte di ricchezza per il paese. L’investimento previsto è di 1 trilione di dollari, con l’obiettivo di realizzare metropoli completamente artificiali e sostenibili, alimentate da energia solare ed eolica.

Tuttavia la realizzazione di queste città iper-connesse ha sollevato enormi dubbi riguardo all’effettiva sostenibilità del progetto. Le costruzioni proposte altererebbero l’equilibrio ecosistemico di un paesaggio desertico non urbanizzato, con possibili impatti negativi sull’ambiente circostante e sulle tribù locali.

Una sostenibilità che fa acqua da tutte le parti

Nei progetti, Neom sarà composta da dieci regioni, tra cui l’isola artificiale Sindalah piena di hotel e porti di lusso, la montagna Trojena che ospiterà i giochi invernali asiatici nel 2029, il complesso industriale galleggiante Oxagon e The Line, che ospiterà fino a 9 milioni di abitanti su una superficie di soli 34 chilometri quadrati.

Nonostante le promesse di sostenibilità, la realizzazione di Neom ha dato vita a preoccupazioni riguardo all’utilizzo effettivo di energie rinnovabili e ai potenziali impatti ambientali. Inoltre la costruzione di Neom ha incontrato resistenza da parte delle popolazioni locali, come gli Howeitat, che si sono opposti allo sgombero delle loro terre ancestrali con le Nazioni Unite che hanno denunciato esecuzioni e incarcerazioni di membri delle tribù.

Per completare il progetto verranno scavati 90.000 metri cubi di roccia a settimana che verranno riutilizzati in parte per la sistemazione del fondo del lago e la costruzione delle dighe implementando un approccio sostenibile. Si parla di 1.000 camion a settimana che movimenteranno la roccia delle montagne che verranno scavate, plasmate e ridisegnate dall’uomo. Una sostenibilità che, dunque, fa acqua da tutte le parti.

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