Il Consiglio europeo ha adottato la direttiva riveduta sulle emissioni di industrie e settore zootecnico, ma l'Italia continua a opporsi. Il nostro Paese è stato l'unico a votare contrariamente, tralasciando il devastante impatto degli allevamenti intensivi sul territorio
È stata approvata nei giorni scorsi dal Consiglio dell’Unione europea la revisione della direttiva relativa alle emissioni industriali (IED) e tra le attività industriali da regolamentare vi sono anche gli allevamenti intensivi.
Il provvedimento punta a ridurre l’inquinamento ambientale monitorando gli impatti delle produzioni degli impianti e delle grandi aziende operative sul territorio comunitario.
Centrali, raffinerie, impianti di trattamento dei rifiuti, ma anche e in particolare gli allevamenti intensivi. Le nuove norme saranno applicate al settore zootecnico, responsabile del 54% di tutte le emissioni di metano di origine antropica in UE secondo l’Agenzia europea dell’ambiente.
Parliamo, nello specifico, di allevamenti intensivi di maiali (oltre 350 unità), di polli da carne (oltre 280 unità) e di galline ovaiole (oltre 300 unità).
Saranno gli Stati membri a dover monitorare l’attività di questi allevamenti e a stabilire sanzioni effettive in caso di mancato rispetto della direttiva. Per le violazioni gravi, sono previste sanzioni non inferiori al 3% del fatturato annuo.
Italia, unico Stato contrario
La revisione è stata adottata in data 12 aprile 2024 a conclusione della votazione degli Stati membri. L’unico voto contrario è stato quello dello Stivale. Proprio il nostro Paese, con la sua Pianura Padana avvelenata, ha espresso parere negativo alla direttiva UE riveduta votando a sfavore.
Per le associazioni ambientaliste e animaliste, la posizione dell’Italia non è solo ingiustificabile, ma evidenzia un disinteresse alla salute pubblica e al benessere animale.
Il nostro governo si dimostra non solo ancora una volta tra i più retrogradi in Europa rispetto agli interventi necessari per limitare gli effetti disastrosi dell’inquinamento zootecnico, ma anche poco interessato a schierarsi contro le brutalità che gli animali sono costretti a subire a causa dello sfruttamento dell’industria” ha commentato Matteo Cupi, vicepresidente di Animal Equality Europa.
Bisognerebbe mettere da parte l’interesse al profitto e pensare alla comunità e a ciò che i cittadini chiedono. È una questione anche di carattere etico, come bene sappiamo. Attualmente sono oltre 700 milioni gli animali allevati ogni anno in Italia tra violenze e atroci sofferenze.
Le investigazioni sotto copertura continuano a mostrare crudeltà disumane nei capannoni, mentre i dati ambientali registrano un ecosistema sempre più malato. La causa di queste irregolarità e criticità è visibile a tutti, ma l’Italia sembra non accorgersene.
Fonti: Consiglio europeo – Animal Equality
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