Cosa sarebbe accaduto se il terremoto di Taiwan avesse colpito l’Italia (con intensità 30 volte più forte di quello de L’Aquila)?

Nel giorno dopo il disastroso terremoto di Taiwan e, soprattutto, dopo che Salvini rilancia il condono edilizio mentre arriviamo al quindicesimo anno dal sisma de L’Aquila, gli esperti fanno due calcoli: una magnitudo paragonabile a quella di Taiwan in Italia avrebbe raso al suolo molte città e probabilmente ucciso decine di migliaia di persone

Sono stati 16.307 i terremoti registrati in Italia nel 2023, quasi uno ogni 30 minuti: secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la scossa più forte è stata registrata al largo della Calabria, di magnitudo Mw 5.2, mentre la regione con più scosse si magnitudo superiore a 2.0 è stata la Sicilia. Ma quanto siamo pronti?

È fondamentale diffondere la consapevolezza della pericolosità sismica e l’importanza di conoscere sempre più la struttura geologica della nostra nazione, al fine di proteggerci sempre meglio dal rischio sismico, dice il Presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni.

Leggi anche: Perché il terremoto a Taiwan potrebbe sconvolgere il mondo intero? A rischio la produzione dei chip più avanzati che ci siano

È così? Non esattamente. Quella magnitudo 7,4 sulla scala Richter che ha colpito Taiwan questa settimana, ma anche il ben più disastroso terremoto in Turchia (per dirne una) dell’anno scorso, fanno sobbalzare dalla sedia: e se capitasse qui in Italia, cosa succederebbe?

Beh, proprio domani 6 aprile saranno 15 anni che L’Aquila e molti altri piccoli paesi abruzzesi alle 3,32 della notte furono colpiti da un rovinoso terremoto di 6,2 gradi di magnitudo (Mw), pari a 5,8 gradi della scala Richter. La risposta su cosa succederebbe in Italia se fosse colpita da un terremoto simile a quello di Taiwan, quindi, già ce l’abbiamo.

Il rischio sismico in Italia

Oltre il 60% delle abitazioni in Italia è stato costruito prima del 1974, precedentemente alla prima normativa sismica italiana. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia nei mesi scorsi ha rilasciato una mappa del rischio sismico in Italia, basata sui valori previsti di accelerazione del terreno nei prossimi 50 anni, con una divisione in 4 zone principali:

  • Zona 1 – Sismicità alta: comprende le zone con PGA (Peak Ground Acceleration) superiore a 0,250 g. Più di 700 Comuni appartengono a questa zona e qui possono verificarsi fortissimi terremoti. Le Regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Umbria, Molise, Campania, Calabria, Sicilia
  • Zona 2 – Sismicità medio-alta: riguarda zone con PGA compreso tra 0,150 g e 0,250 g. Comprende 2.345 Comuni. Possono verificarsi forti terremoti. Le regioni interessate sono Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Marche, Puglia, Basilicata
  • Zona 3 – Sismicità medio-bassa: con PGA tra 0,05 g e 0,150 g. Vi appartengono 1.560 comuni. Possono verificarsi forti terremoti, ma rari. Le regioni interessate sono Lombardia, Toscana, Piemonte, Liguria
  • Zona 4 (rischio sismicità bassa): Sardegna, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta
mappa rischio sismico italia

@INGV

In alcune zone del nostro Paese, quindi, il rischio di un sisma molto violento esiste, anche se – secondo gli esperti – è molto difficile che superi una magnitudo simile a quella di Taiwan. Ma se dovesse accadere?

Cosa accadrebbe se un sisma di magnitudo 7.4 come quello di Taiwan colpisse l’Italia?

L’esito, ahinoi, sarebbe più paragonabile a quello di Turchia e Siria dell’anno scorso che non a quello di Taiwan. Il motivo? In Italia manca la cultura della prevenzione sismica: la differenza sostanziale tra i due eventi risiede proprio nei criteri antisismici con cui sono stati  realizzati gli edifici.

Non è un caso, per esempio, che l’enorme torre di Taipei (Taipei 101) sia rimasta in piedi, salvata da una gigantesca sfera sospesa tra il 92° all’87° piano dell’edificio:

Anche rispetto a Stati come la California o il Giappone, in cui la pericolosità è anche maggiore, qui nel Belpaese c’è una vulnerabilità molto elevata a causa della fragilità del suo patrimonio edilizio, molto anche di interesse storico, e del sistema infrastrutturale.

In Italia circa 40% degli edifici residenziali, localizzati in zona sismica 1, è stato costruito prima degli anni ’80 e quindi non risponde agli attuali requisiti antisismici e avrebbe bisogno di interventi urgenti. Secondo la ricerca “Patrimonio edilizio e rischio sismico. Necessità di conoscenza, possibilità d’intervento nell’ERP”, praticamente tra i 4 e i 5 milioni di edifici rischiano di crollare a causa dei terremoti.

Ciò che manca nel nostro Stato è la cultura della prevenzione, che potrebbe risparmiarci ingenti danni strutturali e il sacrificio di vite umane. È assurdo e inaccettabile che in Italia non ci sia un Piano efficace di prevenzione sismica.

Fa bene Mario Tozzi quando torna sull’argomento e chiosa:

Viene un’idea su dove sarebbe meglio investire 14 mld di euro di denaro pubblico. Ma sarebbe da Paese civile che ristruttura per il futuro, pianifica e tiene conto delle priorità e delle generazioni future.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Leggi anche: 

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook