La portata delle microplastiche è peggiore di quanto creduto finora: stanno penetrendo anche negli strati rocciosi più antichi. Un team di scienziati ha rinvenuto tracce di plastica nei sedimenti lacustri risalenti a oltre 200 anni fa e definire l'inizio dell'era dell'Antropocene sta diventando sempre più difficile
Tanto minuscole quanto pervasive: le microplastiche stanno invadendo ogni angolo della Terra, oltre a finire nel nostro sangue e nella placenta. Queste particelle si sono sedimentate anche negli strati di roccia più antichi, complicando gli sforzi per definire l’inizio dell’era geologica dell’Antropocene (plasmata dall’uomo). È quanto viene fuori da un recente studio, guidato dall’Istituto lettone di ecologia acquatica e pubblicato su Science Advances, che si focalizza sui sedimenti lacustri europei.
Il team internazionale di scienziati ha analizzati campioni provenienti da tre diversi laghi della Lettonia – Seksu, Pinku e Usmas – per vedere quanto in profondità fossero arrivate microplastiche. I risultati sono stati spiazzanti: in totale sono stati rinvenuti ben 14 tipologie di plastica, specialmente negli strati più superficiali, ma non solo.
Le particelle più piccole hanno raggiunto gli strati più antichi, la cui formazione risale a molto prima che iniziasse la produzione di questi materiali inquinanti. Ad esempio, particelle di acido polilattico (PLA) e poliidrossibutirrato (PHB) sono state rivenute in sedimenti databili a oltre 200 anni fa.
Suggeriamo che questi dati mostrino un vero fenomeno naturale, un inequivocabile movimento verso il basso delle microplastiche nei profili dei sedimenti. – chiariscono gli scienziati – Diversi meccanismi possono trasportare le particelle plastiche più in profondità: lo spargimento del nucleo durante il campionamento, la rielaborazione dei sedimenti attraverso la risospensione o i flussi di torbidità e bioturbazione.
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I materiali plastici trovati nei sedimenti lacustri della Lettonia
Fra le sostanze plastiche rinvenute con maggiore frequenza spiccano:
- la poliammide (utilizzata nel nylon)
- il polietilene (spesso presente negli imballaggi)
- il poliuretano (usato per l’isolamento termico di pareti e nei materassi)
- l’acetato di polivinile (presente nelle colle)
Da tempo le microplastiche rinvenute su scala globale in vari ambienti sono considerate marcatori geologici dell’Antropocene dagli esperti, ma la loro presenza in sedimenti così vecchi crea non poca confusione nella comunità scientifica. Dunque andrebbero presi in considerazione altri fattori.
“L’interpretazione della distribuzione delle microplastiche nei profili dei sedimenti studiati è ambigua e non indica strettamente l’inizio dell’epoca dell’Antropocene” spiegano gli autori dello studio.
L’ambito delle microplastiche resta ancora da approfondire. Gli scienziati stanno, infatti, cercando di indagare tutti gli effetti sulla salute umana; alcune ricerche hanno mostrato che queste particelle sono in grado, ad esempio, di alterare il microbiota intestinale e danneggiare le nostre cellule, ma la ricerca in questo campo è solo all’inizio. In ogni caso, una cosa è certa: la pervasività delle microplastiche è più elevata di quanto si pensasse.
“Si stima che solo il 9% circa di tutta la plastica mai prodotta venga riciclata e il 12% venga incenerito, portando alla conclusione che oltre 6.000 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica hanno il potenziale per disperdersi nell’ambiente e incorporarsi nei cicli naturali e catene alimentari” sottolineano i ricercatori.
E tutto ciò rappresenta una grossa minaccia per il Pianeta e per i suoi abitanti.
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Fonte: Science Advances/Latvian Institute of Aquatic Ecology
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