La Corte di Appello di Milano ha condannato Philips - Respironics a pagare una penale di 20mila euro al giorno per il ritardo nel ritiro e sostituzione dei suoi dispositivi medici difettosi e pericolosi per la salute (contenevano una schiuma fonoassorbente con potenziali tossici e cancerogeni)
Philips – Respironics è una divisione di Philips specializzata nella progettazione e produzione di dispositivi medici utili al miglioramento della qualità della respirazione in pazienti affetti da condizioni come l’apnea notturna, la sindrome da ipoventilazione e altre patologie respiratorie.
Alcuni di questi dipositivi, però, si sono rivelati pericolosi e la Corte di Appello di Milano ha emesso una storica sentenza nei confronti della multinazionale, imponendole una penale di 20mila euro per ogni giorno di ritardo nel ritiro e sostituzione dei dispositivi medici difettosi a partire dal 30 giugno 2023.
La decisione giunge in seguito a una class action portata avanti dall’Associazione Apnoici Italiani e da Adusbef, assistite dal pool di legali dell’avvocato Stefano Bertone che rappresentava più di 100mila pazienti italiani.
La causa nasce da un’inchiesta della trasmissione “Report” che ha portato alla luce le problematiche legate ai dispositivi contro l’apnea notturna a marchio Philips. Il servizio, intitolato “La polvere nel respiratore“, ha rivelato che questi dispositivi, utilizzati anche su pazienti affetti da Covid-19, contenevano una schiuma fonoassorbente con potenziali tossici e cancerogeni.
Il servizio, vista la sua importante rilevanza sociale, è stato anche insignito del Premio Caffè presso la Camera dei deputati.
Report ha continuato a seguire il caso, mettendo in luce la distribuzione a livello mondiale dei ventilatori respiratori difettosi, compresi CPAP, BiPAP e altri dispositivi, che avrebbero dovuto migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Nel corso dell’inchiesta emersero dati allarmanti: nel 2021, 15 milioni di dispositivi furono dichiarati pericolosi per la salute dei pazienti. Philips ammise che la schiuma utilizzata per insonorizzare il motore rilasciava una polvere potenzialmente cancerogena. In Italia, circa 100 mila utenti di dispositivi Philips non sicuri, di cui il 70% in comodato d’uso tramite le convenzioni con le Asl, risultarono essere coinvolti.
La situazione diventò ancor più critica quando si scoprì che, nonostante l’impegno di Philips a sostituire tutti i dispositivi, a distanza di due anni, circa 15 mila di essi risultavano ancora irreperibili. La mancanza di un registro che permettesse la tracciabilità dei respiratori complicava ulteriormente la situazione.
Documenti interni alla multinazionale olandese dimostravano tra l’altro che i dirigenti erano a conoscenza del problema da anni e hanno di fatto ritardato l’avvio del più grande richiamo di sicurezza nella storia dei dispositivi medici.
Ma i pazienti giustamente si sono mobilitati e hanno portato Philips in tribunale, lanciando così la prima class action in ambito sanitario nel nostro Paese.
La sentenza della Corte di Appello di Milano rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei pazienti e nella responsabilizzazione delle grandi aziende del settore sanitario. Philips dovrà affrontare le conseguenze delle proprie azioni, garantendo la sicurezza e la salute dei pazienti che hanno affidato la propria vita a dispositivi medici che dovevano essere sicuri ma che invece presentavano dei rischi.
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Fonte: Report
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