I due esemplari di lupo condannati a morte in Lessinia sono salvi ancora una volta, anche se il ricorso degli animalisti è stato respinto dal Tar di Trento nelle ultime ore. I selvatici erano accusati di episodi di predazione presso una malga
I due lupi della Lessinia sono nuovamente salvi dall’abbattimento, solo non come ci si aspetterebbe. Il ricorso presentato da una coalizione di sigle animaliste contro l’ordinanza di uccisione dei predatori è stato infatti rigettato di recente dal Tar di Trento.
Ma allora cosa è successo? I lupi non saranno eliminati perché non vi sono più le ragioni per procedere. A Malga Boldera, dove sono avvenuti gli episodi di predazione, non vi sono più animali.
Dato che nessun lupo può costituire più un pericolo per la protezione delle mandrie, i due esemplari non dovranno essere uccisi.
Il Collegio Trentino ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso sul presupposto che, con la cessazione degli effetti del decreto impugnato, sarebbe venuta meno per la parte ricorrente qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, derivante da una possibile pronuncia di accoglimento” hanno dichiarato gli avvocati delle associazioni LAV, LNDC Animal Protection e WWF.
Ma facciamo un passo indietro per capire bene la storia di questi due lupi, colpevoli di essersi comportati da predatori e di aver attaccato il bestiame.
Gli episodi di predazione
I fatti risalgono allo scorso 24 luglio, quando il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha firmato il decreto di abbattimento di due lupi.
L’ISPRA aveva dato il consenso venendo rispettate 3 condizioni: danno grave, stato di conservazione della specie favorevole, necessaria protezione delle mandrie e delle greggi.
Nel giro di due mesi, i selvatici avevano predato 16 bovini e 2 asini presso Malga Boldera, nella Lessinia trentina. Il Consiglio di Stato era intervenuto per bloccare la condanna a morte degli animali, ma il giudizio del Tar di Trento era atteso per il nuovo anno.
La replica delle associazioni
Per quanto le associazioni siano felici di questo risultato, avrebbero sperato in un provvedimento esemplare che tutelasse il futuro della specie ed evidenziasse l’importanza di misure preventive piuttosto che pene capitali.
Bisogna lavorare attivamente alla prevenzione e fare in modo che situazioni analoghe non si verifichino più.
La PAT deve attuare le deroghe all’art. 16 Direttiva Habitat con maggior ponderazione, evitando misure letali quando esistono alternative incruente, nello spirito dell’art. 97 e dell’art. 9 della Costituzione” hanno concluso i legali.
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Fonte: LNDC Animal Protection
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