Addio alla trasparenza sull’export di armi (finanziato dalle banche): la revisione di legge è un regalo all’industria bellica

La revisione della legge 185 rischia di cancellare con un colpo di spugna il controllo e la trasparenza sull'esportazione di armi, eliminando anche la possibilità di visionare la lista delle banche che investono in questo business sanguinario. Una mossa che rafforzerebbe ulteriormente le potenti lobby belliche...

Se il mercato bellico è così fiorente lo si deve anche ai nostri soldi. E no, purtroppo, non si tratta di un’assurdità. Numerose banche, in cui aprimo i conti, investe nelle armi, sostenendo così la cultura della guerra. Anche se molti continuano a ignorare questo retroscena, di fatto finora ogni anno il Governo pubblica regolarmente (come previsto dalla Legge 185/90) la lista delle cosiddette “banche armate”, ovvero quelle che hanno autorizzato transazioni legate alla compravendita di tank, bombe e altro materiale bellico.

Ma c’è un ma. Questo meccanismo di trasparenza rischia di essere cancellato da tre emendamenti, che qualche giorno fa sono stati approvati dalla Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato. A lanciare l’allarme su quanto sta accadendo è la Rete Italiana Pace e Disarmo, che ha annunciato una grande mobilitazione per impedire che le vendite di armi tornino ad essere circondate da una pericolosa opacità.

“Se le modifiche votate in questa prima fase di dibattito parlamentare sul DDL 855 sopravviveranno ai successivi passaggi dell’iter verranno sottratte al controllo di Parlamento, società civile e opinione pubblica le informazioni precise e dettagliate – oggi presenti nella Relazione annuale ufficiale – sulle esportazioni dei materiali militari autorizzate e svolte dalle aziende” avverte il coordimento delle organizzazioni.

https://www.facebook.com/RetePaceDisarmo/posts/pfbid02VqQvUaRbRd9XastbCqkiFPgH4AAJEkSrZBHuPq4fxiA8T8rXrwe2GHnVCmee4zEpl

A destare particolare preoccupazione è l’emendamento che punta ad eliminare ogni informazione riguardo agli Istituti di credito operativi nel settore dell’import/export di armamenti. In pratica così i correntisti non sapranno più dalla relazione quali sono le banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso gli Stati dittatoriali o coinvolti in sanguinose guerre.

Se il voto si tradurrà in legge, oltre ad impedire al Parlamento di svolgere la sua funzione costituzionale di controllo in materia di esportazione delle armi, verrà compromessa la libertà dei cittadini di operare scelte consapevoli e responsabili.

Leggi anche: Quanto ci costa la guerra? Stiamo spendendo più in armi che per la messa in sicurezza del territorio italiano

Il business delle armi cresce in modo allarmante

Tutto questo mentre la spesa militare del nostro Paese lievita in modo impressionante. Secondo i dati della Legge di Bilancio 2024, non è mai stata così alta. Per la prima volta, il bilancio proprio del Ministero della Difesa supera i 29 miliardi di euro, con una crescita di 1.438 milioni di euro (+5,1% rispetto al 2023): parte di questa cifra spropositata verrà investita per acquistare centinaia di carri armati tedeschi e mezzi cingolati.

Soltanto poche settimane prima dell’approvazione dei tre emendamenti in Senato il Gruppo Banca Etica –  che da oltre 20 anni segue i principi della finanza etica – aveva espresso pubblicamente grande apprensione di fronte alla notizia che i ministri della Difesa dell’Unione europea avessero chiesto che il comparto delle aziende che fabbricano armamenti potesse accedere a ulteriori e maggiori finanziamenti, sia da parte del settore pubblico sia dal settore delle finanza privata. Una proposta pericolosissima, che farebbe arricchire le lobby dell’industria bellica, a discapito di chi testa sulla propria pelle tutto l’orrore dei conflitti.

Oggi più che mai dovremmo finanziarie progetti di pace, invece stiamo investendo sempre più risorse nella guerra e nella morte.

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Fonti: Rete Italiane Pace e Disarmo/Banca Etica

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