Neuralink è un chip da posizionare nel cervello e in grado di comunicare con un computer. Oggi l’annuncio della sua prima installazione su un essere umano (dopo che è stato testato sugli animali)
Presentato a tambur battente appena tre anni fa, Neuralink diviene più reale che mai. A nulla sono valse le polemiche che negli States portarono sotto inchiesta federale l’azienda di neurotecnologie fondata da Elon Musk per “possibili” violazioni del benessere animale, poi sopite (anche) da un suo comunicato in cui giura che “noi di Neuralink siamo assolutamente impegnati a lavorare con gli animali nel modo più umano ed etico possibile”.
Musk il visionario va avanti e non lo ferma nessuno, convinto com’è – ora – di poter costruire canali di comunicazione diretta tra il cervello e i computer. E ce l’avrebbe fatta: oggi la notizia che proprio la sua startup Neuralink ha installato il suo primo impianto cerebrale in un essere umano, con risultati iniziali “promettenti”. Lo scopo? Curare disturbi neurologici come la SLA o il Parkinson e, molto più probabile, creare un giorno una relazione simbiotica tra uomo e intelligenza artificiale.
Il primo essere umano ha ricevuto, ieri, un impianto da Neuralink e si sta riprendendo bene – spiega Musk in un post su X. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi neuronali.
The first human received an implant from @Neuralink yesterday and is recovering well.
Initial results show promising neuron spike detection.
— Elon Musk (@elonmusk) January 29, 2024
La tecnologia di Neuralink funzionerà tramite un impianto chiamato “Link“, un dispositivo delle dimensioni di cinque monete impilate che viene inserito nel cervello umano attraverso un intervento chirurgico invasivo.
A maggio scorso la società di Musk aveva annunciato di aver ricevuto il via libera dalla Food and Drug Administration, dopo parecchi dinieghi, “da un comitato di revisione istituzionale indipendente” per iniziare il reclutamento per il primo trial clinico su esseri umani destinato ai pazienti affetti da paralisi.
La sperimentazione è stata chiamata Prime Study (acronimo di Precise Robotically Implanted Brain-Computer Interface) e punta a valutare la sicurezza dell’impianto e del robot chirurgico “per consentire alle persone con paralisi di controllare i dispositivi esterni con il pensiero“.
Una rivoluzione che ci aiuterà molto, giurano quindi, in campo medico, ma che ci costerà cara? Solo il tempo può dirlo, intanto rimane l’ombra di quelli che sono stati e sono ancora gli studi dell’azienda sugli impianti negli animali. Non solo all’inizio delle sperimentazioni, ma anche solo pochi mesi fa il Physicians Committee for Responsible Medicine avrebbe ottenuto dei documenti dalla californiana Davis University, dove sono stati condotti gli esperimenti di Neuralink, in cui si dimostrava come le scimmie sperimentassero “sofferenze estreme a causa della cura e degli impianti sperimentali altamente invasivi“.
Le supertecnologie vanno avanti, certo, ma a quale prezzo?
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