A giugno i cittadini dell’Unione europea saranno chiamati ad eleggere in totale 705 europarlamentari e, secondo un nuovo rapporto, gli elettori più preoccupati per il cambiamento climatico ne potrebbero influenzare l’esito
Azione climatica nelle urne europee? Può darsi. Un nuovo vento spira tra le cabine elettorali di mezza Europa, anche e soprattutto perché questi che verranno saranno anni decisivi (si spera) proprio per l’azione globale sul clima: secondo gli scienziati, infatti, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede che le emissioni globali di gas serra siano ridotte del 43% entro il 2030.
Il prossimo esecutivo dell’Ue, insomma, dovrà garantire che l’Unione passi dalle parole ai fatti per attuare una politica ambiziosa e affermarsi come il leader globale sul clima. È forse questo il motivo per cui una buona fetta di elettori dell’Ue che si recheranno alle urne a giugno 2024 per eleggere il prossimo Parlamento europeo sente di dover scegliere una nuova leadership che riesca a plasmare definitivamente la politica climatica fino alla fine del decennio.
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E se è vero che i sondaggi aggregati degli Stati membri dell’Ue pubblicati da Europe Elects indicano vantaggi per i partiti conservatori di destra, eterni scettici nei confronti della politica climatica progressista del Green Deal, in un recente sondaggio dell’Ue i cittadini hanno indicato l’azione contro il cambiamento climatico come una delle quattro priorità principali che vogliono che il Parlamento europeo affronti, superata solo dalla lotta alla povertà e alla salute pubblica, insieme al sostegno all’economia.
Il sondaggio
Questo lo scenario: negli ultimi 15 anni l’Europa ha attraversato cinque grandi crisi, tanto che gli elettori europei sono divisi in cinque “tribù della crisi”:
- la crisi climatica, che ha costretto gli europei a capire che il mondo è in pericolo
- la crisi finanziaria globale, che ha portato gli europei a dubitare che i loro figli potranno avere un tenore di vita migliore del loro
- la crisi migratoria, che ha innescato un panico identitario incentrato sulle questioni del multiculturalismo e sul significato degli stati-nazione
- la pandemia, che ha messo in luce la vulnerabilità dei nostri sistemi sanitari in un mondo globalizzato
- la guerra in Ucraina, che ha infranto l’illusione che una grande guerra non sarebbe mai tornata nel continente europeo
Queste cinque crisi hanno diverse cose in comune: sono avvertite in tutta Europa, anche se con intensità diverse; sono vissute come una minaccia esistenziale da molti europei; influenzano drammaticamente le politiche dei Governi.
Ma in che misura?
Il Consiglio Europeo per le Relazioni Estere (ECFR) ha condotto un sondaggio in 11 Paesi europei: 9 nazioni dell’Ue che rappresentano il 75% della popolazione del blocco più Gran Bretagna e Svizzera.
L’indagine racconta l’attuale politica europea e le esperienze derivanti da queste crisi e mostra come in aree importanti del dibattito come il clima e la migrazione, i partiti politici che normalmente si concentrano su uno di questi tipi di crisi si stanno ora espandendo per cercare di affrontare altri problemi. Nel 2024, il grande anno elettorale europeo, ciò avrà profonde conseguenze per il destino del continente e, secondo il sondaggio, coloro che fanno parte della “tribù della crisi” del cambiamento climatico potrebbero ottenere quasi 74 milioni di voti alle prossime elezioni del Parlamento europeo.
Dove in Europa gli elettori sono più preoccupati per il cambiamento climatico?
Il sondaggio chiedeva alle persone quale delle più grandi crisi degli ultimi 10 anni avesse maggiormente cambiato il modo in cui guardano al futuro. In media il 19% delle persone in tutti i Paesi ha risposto con il cambiamento climatico. Un numero decisamente più alto in Danimarca, che si attesta al 29%, seguita dalla Francia al 27%.
In altri Paesi, il cambiamento climatico è a malapena considerato un fattore nella visione futura delle persone. Solo il 6% degli estoni, ad esempio, ritiene che questo sia il problema che ha maggiormente cambiato la loro visione del futuro.
Inoltre, gli under 29 sono gli elettori europei che più probabilmente considereranno la crisi climatica la loro più grande preoccupazione. In Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca e Svizzera i giovani tra i 18 ei 29 anni lo hanno scelto tra tutti gli altri temi.
La preoccupazione era ancora piuttosto elevata nelle fasce di età tra i 30 e i 39 anni (20%) e tra i 40 e i 49 anni (22%), ma è scesa al 15% per gli over 70.
Gli uomini sono leggermente più propensi (20%) a citare il cambiamento climatico come la crisi che li ha maggiormente colpiti rispetto alle donne (18%) – ma i numeri sono troppo vicini per fare una distinzione significativa.
Quali partiti politici sostengono gli elettori climatici europei?
Coloro che vedono il cambiamento climatico come la crisi più grave si riversano in stragrande maggioranza nei partiti verdi o in quelli come i socialisti in Spagna o la Coalizione civica e la sinistra in Polonia.
I tre partiti con la quota più alta di sostenitori che ritengono che il cambiamento climatico sia la questione che ha maggiormente cambiato la loro visione del futuro sono i Verdi in Francia, Gran Bretagna e Danimarca.
È interessante notare che gli elettori preoccupati per il clima condividono alcune caratteristiche comuni con l’altro gruppo più influente: quelli preoccupati per l’immigrazione. Entrambi credono che se non si interviene oggi, sarà difficile attuarla domani, condividendo la sensazione che stiamo vivendo con tempo in prestito.
Qui sotto la situazione in Italia, dove l’interesse per il “climate change” del partito che in questo momento è al Governo corrisponde a uno dei numeri più bassi:
Ognuna delle cinque crisi europee avrà molte vite, ma è nelle urne che vivranno, moriranno o resusciteranno, scrivono gli autori del rapporto.
Quel che sembra vero, intanto, è che le elezioni europee non saranno solo una competizione tra sinistra e destra – tra euroscettici ed europeisti – ma anche una battaglia per la crisi più profonda che ci attraversa: quella del clima.
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