Nelle “Città 30” come Bologna il traffico si paralizza davvero e si inquina di più? Smontiamo le principali fake news sul dibattuto modello di mobilità (che è già stato testato con risultati soddisfacenti a Londra e Bruxelles)
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Dallo sscorso 16 gennaio su gran parte delle strade bolognesi non è più possibile per legge superare il limite di velocità di 30 km/h. Gli obiettivi di questa svolta sono molteplici: promuovere la mobilità sostenibile, migliorare la sicurezza stradale riducendo il rischio di incidenti e combattere l’inquinamento, rendendo la città di Bologna più vivibile.
La novità, però, ha creato non poche spaccature fra i cittadini e polemiche anche a livello istituzionale. A criticare la strategia è stato anche il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, che di recente ha proposto un decreto per per limitare l’utilizzo degli autovelox nel comune.
Nelle ultime ore stanno circolando fin troppe fake news che affossano il modello delle città 30. C’è, ad esempio, chi sostiene che paralizzerebbero il traffico e che farebbero aumentare lo smog. In realtà, questa strategia sta portando a risultati straordinari in altre grandi città europee, dove il numero di vittime sulla strada si è ridotto sensibilmente.
A Londra dall’introduzione dei 20 km si sono abbassate del 25% le morti e del 63% gli investimenti di pedoni, mentre a Bruxelles dopo un anno dall’ingresso del provvedimento, nel gennaio 2021, sono diminuiti del 28% gli incidenti e del 50% i morti e feriti gravi. Per questo – sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di LegambienteCiafani – è importante che il modello città 30 trovi ampia diffusione; senza dimenticare che sarà fondamentale approvare il nuovo Codice della strada prevendo la moderazione della velocità e stanziare maggiori risorse per il fondo nazionale per il trasporto pubblico locale per rendere la mobilità più efficiente e sicura e le città più vivibili.
Leggi anche: Bologna è ufficialmente una “città 30”: introdotto il nuovo limite di velocità
Smontiamo le fake news sulle città 30
Per fare chiarezza sull’argomento, Legambiente è intervenuta smontando le 5 principali bufale relative alle città 30.
Andare a 30 km/h o a 50 km/h è la stessa cosa in termini di sicurezza stradale? FALSO.
Scientificamente è stata stabilita come regola quella dei 30 km/h perché è un limite che, senza rallentare la circolazione, diminuisce drasticamente le percentuali di rischio di mortalità: a 30 km/h la mortalità è praticamente residuale e avviene soltanto in meno del 10% dei casi in cui l’impatto equivale a una caduta dal primo piano, mentre già a 50 km/h la collisione coincide con una caduta dal terzo piano e la probabilità di un Incidente mortale cresce oltre il 50%.
Inoltre, andando a 30 km/h si riesce ad avere una distanza di arresto di 13 metri, mentre a 50 km/h non sarà più possibile perché la distanza di arresto è più che doppia e si attesta intorno ai 28 metri. A 30 km/h l’angolo visuale del conducente raddoppia rispetto ai 50 km/h e quindi è molto più semplice che si abbia un controllo dei movimenti sulla strada e una capacità di intervento molto più ampia e meglio controllata.
A 30 km/h si impiega più tempo a spostarsi? FALSO.
In realtà la velocità media di spostamento in ambito urbano è già oggi molto bassa e non supera mai i 30 km/h. In Europa si va dai 19 km/h di Londra e Berlino ai 26 km/h di Varsavia.
In Italia, caratterizzata dal più elevato numero di auto pro-capite d’Europa, i centri urbani sono intasati e le medie di percorrenza sono tra le più basse e comunque ben al di sotto di 30 km/h13. A Bologna, in particolare, secondo TomTom traffic index, la velocità media nelle ore di punta (2023) si attestava già a 32 km/h, per un totale di 63 ore/anno passate nel traffico (+4,17 ore rispetto al 2022). Nel 2023 si andava più lenti che nel 2022. A dimostrazione del fatto che a Bologna non è il limite a 30 km/h a rallentare il traffico, ma il tasso di motorizzazione e l’insufficiente alternativa per trasformare il modal share, assorbendo domanda di mobilità.
Con la città 30, sostiene il Ministro Salvini, “i problemi (soprattutto per i lavoratori) rischiano di essere superiori ai benefici per la sicurezza stradale”. FALSO.
Come per tutti i cittadini, anche per i lavoratori, le strade sono pericolose, tanto che nel 2022 l’INAIL ha accertato 12.361 incidenti in itinere, di cui ben 9 mortali.
Il Piano Nazionale Sicurezza Stradale del MIT sostiene che “dove ci possono essere impatti che coinvolgono veicoli e pedoni, la velocità dovrebbe essere limitata a 30 km/h”, lasciando il limite di 50 km/h alle strade a scorrimento veloce. Non esiste nessun documento governativo che accerti i “problemi” derivanti dalla limitazione della velocità in città.
A 30 km/h si inquina di più? FALSO.
I motori benzina e diesel consumano di più e inquinano molto di più sotto sforzo, quindi in fase di accelerazione e decelerazione, oppure a velocità elevate (resistenza dell’aria). Molto dipende dai comportamenti di guida: “bruciare” i semafori per poi finire in un ingorgo di traffico, fa guadagnare solo qualche secondo. Ecco perché una velocità massima inferiore, specie nelle vie frequentate da pedoni e ciclisti, favorisce un flusso di traffico più uniforme, sicuro e un po’ meno inquinamento.
Per salvare vite basta inasprire pene per chi abusa di sostanze e alcool? FALSO.
Se è statisticamente accertato che nel 55% dei casi mortali nelle città, teatro del 73% delle incidenti, le cause sono l’eccesso di velocità, la mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e la guida distratta è quindi conseguente stabilire che per ridurre questo rischio sia necessario un provvedimento generale che diminuisca il rischio di mortalità e che il più efficace e diffuso sia quello di abbassare il limite generale di velocità.
Inoltre, se si vuol puntare sull’inasprimento delle pene come deterrente, sarebbe più efficace inasprire le pene minime e non quelle massime, meccanismo che, peraltro, ha dimostrato scarsa efficacia.
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