Bankitalia pubblica per la prima volta le statistiche sperimentali trimestrali sui conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie italiane: nel Belpaese i più benestanti hanno quasi la metà della ricchezza totale, mentre la ricchezza delle famiglie meno abbienti consiste (almeno) principalmente nella proprietà di una casa
In Italia il 5% delle famiglie più abbienti possiede circa il 46% della ricchezza netta totale contro il 50% più povero che può contare su meno dell’8%.
Sono i dati che emergono dalle nuove statistiche sperimentali trimestrali sui conti distributivi della ricchezza delle famiglie italiane pubblicate dalla Banca d’Italia, in contemporanea con l’uscita dei dati sull’area euro prodotti dalla Banca Centrale Europea.
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Sono i cosiddetti conti Dwa (Distributional wealth accounts, o conti di distribuzione della ricchezza) e servono a calcolare la distribuzione della ricchezza tra le famiglie all’interno di uno Stato.
L’analisi di Bankitalia
I conti Dwa mostrano che l’Italia fa leggermente meglio della media dell’area euro. Nonostante i più benestanti abbiano quasi la metà della ricchezza totale, infatti, questo è in parte compensato dal fatto che una parte dei meno abbienti sia proprietaria della propria prima casa.
Secondo Bankitalia, infatti, le famiglie meno abbienti possano contare principalmente sul possesso dell’abitazione mentre quelle più benestanti hanno sostanzialmente un portafoglio più diversificato tra azioni, depositi e polizze.
Nello specifico, secondo i dati Bankitalia, le abitazioni raggiungono i tre quarti della ricchezza per il 50% più povero delle famiglie, si attestano poco sotto il 70% per quelle della classe centrale, mentre scendono a poco più di un terzo per quelle appartenenti alla classe più ricca.
In un periodo caratterizzato da una generale flessione dei prezzi degli immobili – si legge nell’indagine – il peso delle abitazioni è sceso dal 55,8 al 50,2% a livello aggregato. Tuttavia, per le famiglie più povere è cresciuto di quattro punti percentuali (dal 70,6% al 74,6%).
Tra il 2010 e il 2016, il valore mediano della ricchezza netta in Italia è sceso da quasi 200mila euro a poco più di 150mila. Nello stesso periodo l’indice di Gini, una misura sintetica del grado di disuguaglianza della distribuzione, è aumentato da 0,67 a 0,7130, mentre la quota di ricchezza netta posseduta dal 5% più ricco delle famiglie è passata dal 40 al 48%. Ma dal 2017, la ricchezza netta mediana è rimasta sostanzialmente stabile e l’indice di Gini è leggermente calato.
Confrontandoci con altri principali Paesi europei, dopo il 2016 in Francia la ricchezza mediana ha superato ampiamente quella dell’Italia, mentre in Germania la sua crescita ha ridotto da circa 140mila a 50mila euro il divario rispetto ai più elevati livelli osservati in Italia.
Ma la Germania è anche il Paese che in Europa ha il maggior grado di disuguaglianza in termini di ricchezza netta. L’Italia si colloca su un livello inferiore a quello dell’area dell’euro, vicino a quello della Francia e superiore a quello della Spagna.
QUI il rapporto completo.
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