Guerra Hamas-Israele, ti spiego cos’è il “domicidio” e perché deve essere riconosciuto come crimine internazionale

I terribili e massicci attacchi contro le abitazioni civili e le infrastrutture a Gaza sono tutti racchiusi in un neologismo forte e drammatico allo stesso tempo: domicidio, radere al suolo le case. E ogni forma di vita. Un concetto sempre più accettato nel mondo accademico, ma che ancora non configura un crimine contro l’umanità secondo il diritto internazionale

Perpetrare ostilità con la consapevolezza che si distruggeranno e si danneggeranno sistematicamente abitazioni e infrastrutture civili, rendendo un’intera città completamente inabitabile. Così si infila nei meandri del mondo accademico una parola tanto nuova quanto antica nel suo etimo: domicidio, domus+cidium, uccidere, distruggere, annientare case.

È ciò che sta succedendo a Gaza: qui, con la distruzione di oltre il 40% degli edifici e con oltre l’80% della popolazione della Striscia sfollata (1,8 milioni di persone sfollate all’interno di Gaza, molte delle quali vivono in rifugi sovraffollati delle Nazioni Unite nel sud), quella terra dilaniata non può non diventare del tutto inaccessibile.

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Lo sappiamo tutti, sebbene pare ce ne siamo dimenticati: Gaza è stata rasa già al suolo in conflitti precedenti e poi ricostruita, in gran parte con finanziamenti arrivati dagli Stati del Golfo, ma la portata di questa devastazione sembra appartenere a un ordine diverso. La questione è se l’entità del danno alle infrastrutture sia un prodotto della ricerca di Hamas o parte di un piano segreto per espellere i palestinesi da Gaza, cancellando la possibilità che Gaza diventi una società semi-vitale nel prossimo futuro.

Questo è Domicidio

Il domicidio, un concetto sempre più accettato nel mondo accademico, non è tuttavia un crimine contro l’umanità secondo il diritto internazionale.

Il bombardamento sistematico o diffuso di abitazioni, beni civili e infrastrutture è severamente vietato dal diritto internazionale umanitario, dal diritto penale e dal diritto dei diritti umani. Tali atti equivalgono a crimini di guerra e, quando diretti contro una popolazione civile, equivalgono anche a crimini contro l’umanità, spiega Balakrishnan Rajagopal, il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla libertà.

In un recente rapporto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Rajagopal ha utilizzato proprio il termine “domicidio” per riferirsi a quegli attacchi sistematici o diffusi contro abitazioni e infrastrutture civili che provocano morte e sofferenza.

Nel rapporto, l’esperto sottolinea che in numerosi Paesi colpiti da conflitti in varie regioni del mondo erano stati commessi domicidi.

Ora si sta commettendo a Gaza, e il mondo continua a guardare impotente mentre le norme fondamentali del diritto internazionale umano e umanitario vengono sfacciatamente violate. Motivo per cui è quanto mai urgente che questo reato possa essere inserito all’interno di un nuovo trattato sui crimini contro l’umanità a cui sta lavorando la Sesta Commissione Onu.

Il diritto internazionale umanitario si basa sulla distinzione tra obiettivi civili e militari, dice intanto l’esperto.

Gli abitanti di una casa non sono oggetti militari. Gli ospedali e le ambulanze non sono oggetti militari. I campi profughi non sono obiettivi militari. Le scuole non sono oggetti militari. Chiese o moschee non sono oggetti militari. Le infrastrutture idriche ed elettriche per i civili non sono obiettivi militari.

Insicurezza alimentare, a Gaza si è alla fase 5 di “catastrofe”

Va da sé che, in questo quadro, gli aiuti umanitari siano ridotti al minimo.

Il rapporto sulla sicurezza alimentare (IPC) redatto dalle Nazioni Unite, dai governi e dalle ONG, attribuisce la classificazione più alta, Fase 5 ovvero “catastrofe“, per la sicurezza alimentare in due aree di Gaza.

Qui la carenza di cibo è così estrema che una famiglia su quattro soffre gravemente la fame, con tassi allarmanti di malnutrizione acuta tra i bambini più piccoli e un significativo aumento della mortalità.

Finora ci sono state solo quattro dichiarazioni di carestia negli ultimi decenni: Sud Sudan (2017); Somalia (2011); Corea del Nord (1995) ed Etiopia (1984).

Nel caso di Gaza, oltre il 90% della popolazione è in Fase di crisi (3) o in condizioni peggiori. Infatti, più di 1,3 milioni di persone sono in Fase di emergenza o di catastrofe (rispettivamente 4 e 5). Almeno una famiglia su quattro sta affrontando condizioni di insicurezza alimentare acuta e catastrofica. Ciò significa che la mancanza di cibo è così grave da causare fame estrema, tassi allarmanti di malnutrizione acuta tra i bambini più piccoli e un significativo aumento della mortalità. Praticamente ogni famiglia di Gaza salta dei pasti ogni giorno e quattro famiglie su cinque nel nord e la metà delle famiglie sfollate nel sud, passano interi giorni e notti senza mangiare nulla.

Se non è una strage questa.

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