Regolamento imballaggi: nelle scorse ore i ministri dell’Ambiente riuniti a Bruxelles hanno raggiunto un accordo sulla posizione negoziale da tenere in sede di dibattito dopo il primo via libera arrivato a fine novembre dal Parlamento europeo. Unico parere a sfavore, quello dell’Italia
Riduzione degli imballaggi, uso limitato per alcuni tipi e divieto per le “sostanze chimiche per sempre”: i Ministri dell’Ambiente dell’Ue hanno concordato la loro posizione negoziale sul regolamento sugli imballaggi, con lo scopo di affrontare l’aumento dei rifiuti e promuovere il riutilizzo e il riciclaggio.
Nel 2018, gli imballaggi hanno generato un fatturato di 355 miliardi di euro nell’Ue ed è una fonte di rifiuti in costante aumento: il totale dell’UE è passato da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 84 milioni di tonnellate nel 2021. Nello stesso anno, ogni europeo ha generato 188,7 kg. Ora, il provvedimento riguarda tutti i contenitori che servono per trasportare e vendere un prodotto, dalle bustine di zucchero, alle buste per l’insalata, dai flaconi dei detersivi agli imballaggi industriali.
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gìGli Stati membri hanno resistito ai tentativi più aggressivi di annacquare o eliminare le disposizioni volte a prevenire i rifiuti e a rilanciare il crescente settore del riutilizzo in Europa, dicono dall’Ufficio europeo dell’ambiente (EEB).
Cosa dice il Regolamento
Il Parlamento ha sostenuto obiettivi generali di riduzione dei rifiuti prodotti dagli imballaggi proposti nel regolamento:
I deputati hanno poi proposto obiettivi specifici di riduzione dei rifiuti per gli imballaggi in plastica:
- 10% entro il 2030
- 15% entro il 2035
- 20% entro il 2040
e proposto il divieto di vendita di sacchetti di plastica molto leggeri (inferiori a 15 micron, limitando però di fatto le restrizioni sugli imballaggi non necessari per frutta e verdura), a meno che non siano necessari per motivi igienici o forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi.
Inoltre, l’Europa mira a limitare l’uso di alcuni formati di imballaggio monouso, le confezioni in miniatura degli hotel e le pellicole termoretraibili per le valigie negli aeroporti. Per prevenire effetti negativi sulla salute, i deputati chiedono anche di vietare l’uso delle “sostanze chimiche per sempre” aggiunte intenzionalmente (sostanze alchiliche per- e polifluorurate o PFAS) e del bisfenolo A negli imballaggi a contatto con gli alimenti.
Ma c’è un ma.
Nell’ambito del compromesso, il Consiglio ha eliminato gli obiettivi di riutilizzo per il vino, ha reintrodotto le esenzioni per il cartone e ha “inoltre offerto un’esenzione molto poco ambiziosa per l’istituzione di sistemi DRS per bottiglie e lattine di plastica monouso se si raggiungerà un tasso di raccolta del 78% entro il 2026″, dicono dall’EEB.
E l’Italia? Cosa dice l’Ufficio europeo dell’ambiente
Il Parlamento europeo si dice pronto ad avviare i colloqui con i Governi nazionali sulla forma finale della legge, una volta che il Consiglio avrà adottato la sua posizione.
Ma poco prima dell’accordo Vannia Gava, viceministra dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, aveva emanato una nota:
Continuiamo a ritenere la proposta di Regolamento non aderente ai contesti industriali nazionali e ai risultati raggiunti dai Paesi membri, che invece una direttiva avrebbe potuto valorizzare. L’imposizione, poi, di taluni obblighi e divieti, non motivati da approfondite valutazioni di impatto ambientale, economico e sociale sono una minaccia per i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per gli investimenti intrapresi, per la concorrenza delle nostre imprese sui mercati internazionali e frammentano il mercato interno.
Facendole eco il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, che aveva annunciato che l’Italia voterà contro se le sue richieste non verranno accolte:
La nostra priorità è giungere ad un testo bilanciato che metta al centro le questioni ambientali, sociali ed economiche in modo giusto ed equo. Questa è d’altronde la posizione espressa anche dal Parlamento europeo. Riteniamo però che permangano importanti criticità e non si sia ancora trovato il giusto equilibrio tra la necessità di misure ambiziose per la gestione sostenibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; la fattibilità tecnica delle disposizioni chiave del regolamento; la valorizzazione dei sistemi in cui la raccolta differenziata, il riciclo e il ricorso all’uso di materia prima e seconda da riciclo sono efficaci; e il ruolo attivo dei punti vendita e dei consumatori che possano creare processi virtuosi di economia circolare da verificarsi con analisi Lca, lungo cioè tutto il ciclo di vita del prodotto.
In effetti, sin dall’inizio dei negoziati l’Italia si era opposta alla prevenzione e al riutilizzo dei rifiuti, schierandosi con gli interessi nazionali dell’industria dell’usa e getta e ignorando le prove scientifiche sull’impatto ambientale dei rifiuti di imballaggio.
Le ONG hanno denunciato apertamente il livello di lobbying aggressivo e fuorviante che i deputati hanno dovuto affrontare, in gran parte guidato dai produttori di fast food e di imballaggi in carta – ha spiegato EEB -, che ha portato a un’inaccettabile diluizione delle misure di prevenzione dei rifiuti nella posizione finale del Parlamento europeo. Il tentativo condotto da Italia e Finlandia – sede di alcuni dei maggiori produttori europei di imballaggi per fast food – di rispecchiare le proposte del Parlamento non è stato alla fine sostenuto dal Consiglio. Le ONG avevano avvertito che le loro proposte rischiavano fino a ulteriori 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno.
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