A differenza del vetro o dell’alluminio, che hanno la stessa composizione chimica, la plastica contiene migliaia di polimeri e sostanze chimiche, rendendone il riciclaggio quasi impossibile
Dalle nuvole all’acqua potabile, sino ad arrivare persino nel nostro sangue: come spesso abbiamo detto, le microplastiche si trovano davvero ovunque, dando una spinta di cui a volte nemmeno ci accorgiamo alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità. Tra tutti, ci basti un dato: secondo uno studio, soltanto la quantità di plastica che penetra nell’ambiente marino è destinata a raddoppiare entro il 2040.
A ciò, ahinoi, non bastano soluzioni come il riciclaggio e gli sforzi di imprese e aziende a ridurre il loro impatto. Come fa notare Sarah J. Morath, professoressa alla Wake Forest University, quello che serve è un intervento normativo molto più incisivo.
Di fatto, nemmeno fanno tanto sperare i negoziati della terza sessione del Comitato Negoziale Intergovernativo (INC3) per un Trattato globale sulla plastica, lo strumento internazionale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino. In questo caso, Greenpeace accusa infatti i Governi presenti di aver permesso alle aziende petrolchimiche di sabotare gli sforzi per affrontare la crisi climatica e l’inquinamento da plastica.
Non basta il riciclaggio
La maggior parte delle plastiche sono sintetiche, formate da uno dei sette polimeri a base di petrolio. E non solo: come spieghiamo qui, attualmente ci sono oltre 13mila sostanze chimiche utilizzate nella plastica, con il 25% di esse classificate come pericolose.
Quali sono queste sostanze chimiche? Tra quelle che meglio conosciamo ci sono gli inquinanti organici persistenti, i PCB, i ben noti PFAS e altre sostanze chimiche che possono provocare tumori, mutazioni genetiche, alterazioni endocrine e altri danni. Salute e ambiente ma non solo: avete mai pensato che queste sostanze chimiche influiscono anche sulla riciclabilità della plastica?
Proprio così: a differenza di quanto accade con vetro o alluminio, che mantengono la stessa composizione chimica, la plastica contiene migliaia di polimeri e così tante sostanze chimiche che ne rendono quasi impossibile il riciclaggio. Addirittura, secondo uno studio, il riciclaggio meccanico – un processo da plastica a plastica – sarebbe in grado di rilasciare ancora microplastiche nell’ambiente. Stessa cosa per il riciclaggio chimico o avanzato, a cui si ricorre soprattutto per convertire la plastica in carburante: in questo caso l’Environmental Protection Agency (EPA) ha proposto nuove norme per non tralasciare i contaminanti pericolosi generati dai combustibili a base di plastica.
Conclusione? Continuare a perseguire alternative impraticabili non fa che aprire la porta al continuo rilascio di plastica e di sostanze chimiche. Quel che servirebbe sarebbe un trattato globale sulla plastica in virtù del quale i Paesi avrebbero facoltà di agire lungo tutto il ciclo di vita della plastica, come suggerisce lo Zero Draft. Sfortunatamente, l’INC-3 ha dimostrato che ciò sarà più facile a dirsi che a farsi, poiché i produttori di petrolio sembrano “tenere il processo in ostaggio”.
Quando i negoziati riprenderanno all’INC-4 nell’aprile 2024, i negoziatori dovrebbero evitare di soccombere proprio alle lobby chimiche e dei combustibili fossili, la cui presenza all’INC-3 è aumentata del 36% rispetto all’INC-2. Sarà possibile?
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