Dalla polvere agli integratori, ti svelo il lato oscuro delle bacche di açaí

Il frutto di açaí è da sempre importante per l’economia regionale, tanto che è stato a lungo considerato una benedizione per quella stessa economia, un vero “superfrutto” che sia una fonte di cibo e una fonte di reddito senza rivali. Poi il disastro: la deforestazione senza precedenti e lo sfruttamento dei bambini per produrne sempre di più

Non solo perdita di biodiversità nelle zone dell’Amazzonia in cui si coltiva, ma anche sfruttamento del lavoro minorile: non va proprio bene con le bacche di açaí, coltivate da migliaia di anni nell’America tropicale centro-meridionale come pianta alimentare multiuso, ma ora al centro di una (silente) bufera.

Perché? La recente introduzione del frutto di açaí e la conoscenza delle sue qualità nutrizionali e curative in regioni al di fuori di quella di origine ha rapidamente ampliato la sua domanda globale. Bacche da mangiare e poi polveri, succhi e integratori, tutto ormai arriva anche sulle nostre tavole. Ma quello che non tutti sanno è che ciò ha di fatto comportato moltissimi problemi legati alla deforestazione da un lato e alla violazione di diritti umani dall’altro.

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L’açaí, apprezzato per i suoi benefici nutritivi, è diventato negli ultimi anni uno dei migliori superfood, un ingrediente molto ricercato per frullati e bowl. Proveniente quasi esclusivamente dalla foresta amazzonica, l’açaí ha guadagnato particolare popolarità negli Stati Uniti, il principale importatore mondiale. Solo Walmart, per dirne una, vende açaí bowl, succhi di açaí, polveri di açaí e integratori dimagranti di açaí…

Il lavoro minorile

Ma il successo di questo frutto simile a una bacca ha in gran parte oscurato quella che i funzionari del lavoro brasiliani chiamano una “grave violazione dei diritti umani” che ne è alla base: il lavoro minorile. La combinazione tra l’estrema povertà delle regioni in cui cresce il frutto e l’architettura dell’albero stesso – si erge alto e magro – fa sì che i raccoglitori che si arrampichino sugli steli per raccoglierlo. E spesso sono bambini piccoli.

Un rapporto del Washington Post del 2021 ha portato l’attenzione internazionale sui pericoli che questi bambini affrontano: fratture ossee, ferite da coltello, morsi di serpenti velenosi e ragni . Dopo la sua pubblicazione, il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti aggiunse l’açaí alla sua lista di beni prodotti dal lavoro minorile o forzato e ora il Ministero del Lavoro brasiliano sta indagando sui raccolti, riscontrando “dozzine” di casi e segnalazioni di lavoro minorile.

Un bambino, hanno scoperto gli investigatori, è rimasto paralizzato dalla vita in giù in seguito alla caduta da un albero. Altri soffrivano di problemi spinali e scheletrici, altri ancora erano stati morsi da serpenti velenosi.

Ovunque guardassimo, trovavamo lavoro minorile o segnalazioni di lavoro minorile – ha detto al WP il procuratore federale del lavoro Margaret Matos de Carvalho. Tutti lo sanno: le città, le scuole e lo Stato.

Le certificazioni non bastano

Abbiamo chiesto che tipo di monitoraggio stanno facendo le aziende, dice l’investigatore del lavoro Eduardo Reiner. E abbiamo scoperto che il monitoraggio non esisteva o era soggetto a fallimenti.

Il Post ha chiesto commenti a quattro aziende che esportano negli Stati Uniti. Tutti, guarda caso, sostengono che i loro modo di fare mercato sia estremamente sostenibile.

Prenderci cura della natura e generare valore sociale: questo è il nostro impegno, si legge su un sito web.

Un’altra delle aziende ha ha affermato che negli ultimi anni l’azienda ha raddoppiato i propri sforzi per combattere il lavoro minorile, ottenendo certificazioni internazionali che attestano la provenienza etica del suo prodotto.

Non stiamo sfruttando una regione povera – ha chiosato. Vogliamo che cresciamo tutti insieme, in cui tutti vinciamo.

Siamo alle solite: la tensione tra sviluppo economico e sfruttamento, tra agricoltura familiare e lavoro minorile, è una questione di crescente delicatezza in moltissime delle zone rurali, a partire proprio dalle foreste dello stato di Pará, dove si produce ben oltre il 90% dell’açaí mondiale.

I bambini del mondo la cui infanzia è sacrificata e sfruttata continuano a esistere eccome. La cosa terribile è che, ad oggi, quegli stessi bimbi, che non sanno leggere né hanno possibilità di studiare né hanno altra possibilità che lavorare nei campi, sono invisibili agli occhi dei più. Ai nostri, soprattutto, impegnati come siamo a cercare il superfood del momento, che ci dia quel senso di sazietà e benessere di cui, ne siamo assai convinti, abbiamo tanto bisogno.

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