L’inquinamento sta provocando ulteriori danni alla tartarughe verdi marine in via di estinzione, “imitando” gli ormoni sessuali femminili. L’inquietante studio è stato guidato dalla Griffith University (Australia) e lancia l’ennesimo allarme sul nostro impatto sull’ambiente
![tartarughe verdi marine estinzione inquinanti](https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2023/11/inquinanti_tartarughe-marine.jpg)
©Griffith University
Alcuni inquinanti possono “imitare” gli ormoni sessuali femminili, favorendo la nascita di individui di sesso femminile nelle tartarughe verdi marine, specie in via di estinzione anche a causa della scarsità di cuccioli maschi. L’inquietante studio è stato guidato dalla Griffith University (Australia).
L’esposizione a metalli pesanti come cadmio e antimonio e ad alcuni contaminanti organici, accumulati dalla madre e trasferiti nelle sue uova, può influenzare il rapporto tra i sessi delle covate delle tartarughe marine verdi (Chelonia mydas) a favore delle femmine, aggravando quella, già pesante, dell’aumento delle temperature globali.
Le tartarughe marine verdi sono elencate come a rischio di estinzione nella Red List dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) – spiega Arthur Barraza, primo autore della ricerca – minacciate a causa del bracconaggio, delle collisioni con le barche, della distruzione dell’habitat e della cattura accidentale negli attrezzi da pesca
E non solo, perché anche i cambiamenti climatici stanno interferendo con la delicata situazione: infatti il sesso degli embrioni delle tartarughe marine che si sviluppano nelle uova sono influenzati alla temperatura, portano a esemplari femmine man mano che le temperature continuano ad aumentare, così nella parte settentrionale della Grande Barriera Corallina al largo dell’Australia nascono centinaia di femmine per ogni maschio.
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La nostra ricerca mostra che il rischio di estinzione dovuto alla mancanza di tartarughe marine verdi maschi può essere aggravato da contaminanti a loro volta in grado di influenzare il rapporto tra i sessi delle tartarughe marine verdi in via di sviluppo, aumentando la propensione verso le femmine
Lo studio è stato condotto in un sito di monitoraggio a lungo termine su Heron, un piccolo isolotto di sabbia corallina nella Grande Barriera Corallina meridionale, dove ogni anno nidificano tra le 200 e le 1.800 femmine e qui in realtà il rapporto tra i sessi è attualmente più equilibrato rispetto a quello vicino all’equatore, con due o tre femmine che nascono per ogni maschio.
Gli autori hanno raccolto 17 covate di uova entro due ore dalla deposizione e le hanno seppellite accanto a sonde che registravano il temperatura ogni ora all’interno del nido e sulla superficie della spiaggia.
Quando i piccoli sono emersi, è stato determinato il loro sesso e i livelli dei 18 metalli, nonché di contaminanti organici come idrocarburi policiclici aromatici (IPA), bifenili policlorurati (PCB) ed eteri di difenile polibromurato (PBDE), tutti noti o sospettati di funzionare come xenoestrogeni, molecole che si legano ai recettori degli ormoni sessuali femminili.
©Griffith University
L’accumulo di questi contaminanti da parte delle tartarughe femmine avviene nei siti di foraggiamento – spiega Jason van de Merwe, che ha guidato il lavoro – Man mano che le uova si sviluppano, assorbono i contaminanti accumulati dalla madre e li sequestrano nel fegato degli embrioni, dove possono rimanere per anni dopo la schiusa
I risultati del monitoraggio hanno mostrato che, sebbene il rapporto tra i sessi finale variasse tra le covate, la maggior parte dei nidi produce prevalentemente femmine, con maggiore quantità di oligoelementi estrogenici, in particolare antimonio e cadmio nel fegato dei piccoli maggiore era la propensione femminile all’interno del nido.
Va da sé che, con un rapporto tra i sessi che si avvicina al 100% di femmine, diventa sempre più difficile per le tartarughe femmine adulte trovare un compagno, aggravando una situazione già critica anche a causa della penuria di individui maschi.
Poiché la maggior parte dei metalli pesanti proviene da attività umane come l’estrazione mineraria, il deflusso e l’inquinamento derivante dai rifiuti urbani in generale, il modo migliore per procedere è utilizzare strategie a lungo termine basate sulla scienza per ridurre la quantità di sostanze inquinanti che finiscono nei nostri oceani
Il lavoro, finanziato dal World Wildlife Fund for Nature Australia (WWF-AU), è stato pubblicato su Frontiers in Marine Science.
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Fonti: Griffith University news / Frontiers in Marine Science
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