Il provvedimento indica i criteri di individuazione delle aree idonee e non idonee e assegna gli obiettivi di produzione per ciascuna Regione, ma, così com’è ora, metterebbe solo a rischio il futuro delle stesse fonti rinnovabili in Italia. Mentre il mondo delle aziende più sostenbili si ritrova a Rimini per Ecomondo 2023, c'è chi fa il punto su cosa potrà limitare di fatto lo sviluppo degli impianti a fonti rinnovabili se la bozza del Decreto Aree Idonee non dovesse subire modifiche
Alla bozza del Decreto Aree Idonee servono almeno cinque modifiche puntali e radicali. Così il Coordinamento FREE (il coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica, che raccoglie 25 associazioni), ritiene che la nuova bozza di Decreto, trasmessa alla Conferenza Unificata Stato-Regioni, contenga al suo interno alcune criticità.
Se il decreto dovesse passare come è ora, rimarrebbe a rischio il futuro delle fonti rinnovabili in Italia, dicono infatti, perché quelle criticità individuate potrebbero essere in grado di limitare fortemente lo sviluppo degli impianti a fonti rinnovabili e introdurre procedure autorizzative disomogenee a livello regionale. Mentre il mondo delle aziende più sostenbili si ritrova a Rimini per Ecomondo 2023, quindi, dal punto di vista normativo, ancora molto c’è da lavorare.
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Si tratta di modifiche che sono necessarie se l’Italia vuole approfittare al meglio delle opportunità di sviluppo legate alle fonti rinnovabili che non sono legate solo all’aspetto delle emissioni climalteranti, ma anche all’innovazione sociale, industriale e tecnologica che queste rappresentano e all’occupazione che queste creano, afferma il presidente del Coordinamento FREE, Attilio Piattelli.
Il Decreto Aree Idonee
Da luglio scorso c’è la bozza del Decreto Aree Idonee, che anticipa di fatto il testo definitivo sul quale dovrà esprimersi la Conferenza Unificata, teso a individuare le aree idonee ad ospitare gli impianti di energia rinnovabile.
Il decreto si pone come obiettivo il raggiungimento di 80 nuovi GW di capacità rinnovabile entro il 2030 con assegnazione della potenza minima da raggiungere in ciascuna regione. Oltre ai criteri di individuazione delle aree idonee per le rinnovabili, il decreto istituisce un Osservatorio nazionale con l’obiettivo di vigilare e supportare le regioni nel raggiungimento degli obiettivi.
Ma non basta.
Cosa chiede il Coordinamento FREE
McKinsey stima che al 2030, la potenza elettrica installata ogni anno da fonti rinnovabili, Cina esclusa, sarà più che triplicata, passando dai 125 gigawatt/anno a 459 gigawatt/anno del 2030. Oltre a ciò l’istituto d’analisi statunitense afferma che una crescita così rapida richiede che i mercati siano stabili e le catene di approvvigionamento resilienti mentre negli ultimi anni, i mercati delle energie rinnovabili hanno sperimentato un’elevata volatilità, a causa delle fluttuazioni dell’offerta e dei prezzi delle materie prime, nonché dei frequenti cambiamenti nelle normative.
Se vogliamo che l’Italia non perda il treno delle rinnovabili e anzi che sia in grado di accelerare, il primo presupposto è quello della chiarezza normativa e quindi questo decreto va assolutamente modificato ma va fatto con urgenza perché in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 31 ottobre è stata pubblicata la Direttiva REDIII e invece noi siamo ancora in attesa di decreti fondamentali per dare corso all’attuazione della REDII.
Ecco le criticità che si chiede vengano risolte in fase di emanazione definitiva del Decreto:
- Un primo elemento critico è quello dell’individuazione delle fasce di rispetto introdotte per l’eolico che, come oggi individuate, rendono nella sostanza irraggiungibile l’obiettivo del PNIEC assegnato a questa fonte. Il coordinamento suggerisce quindi di adeguare queste distanze a quelle previste per il fotovoltaico, per rendere le aree idonee adeguate ad ospitare il potenziale settoriale. Per l’eolico si segnala anche che l’introduzione del parametro della ventosità per l’individuazione delle aree idonee non sembra essere un giusto criterio
- Le aree industriali vanno considerate sempre aree idonee mentre nell’attuale bozza di Decreto non è così e sono considerate idonee soltanto le aree industriali dismesse e le aree compromesse. Non si comprende come un’area appositamente progettata per uno sviluppo industriale possa non essere adeguata o essere non idonea all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, ovviamente nei limiti e secondo le regolamentazioni previste dalla pianificazione di area
- Le aree agricole classificate come DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni biologiche, produzioni tradizionali sono definite “aree non idonee” ma solo genericamente come intera area. Si fa però presente che in molte regioni d’Italia, dicono dal coordinamento, queste aree abbracciano anche un’intera Regione.
È necessario quindi introdurre dei correttivi che permettano la verifica puntuale della presenza delle colture di pregio e solo in presenza di tali colture l’area può essere classificata come non idonea
- Per i bacini artificiali di accumulo idrico, i canali artificiali, le aree industriali dismesse, le aree compromesse e le aree abbandonate e marginali i criteri di corretta identificazione e di utilizzo di tali aree devono essere individuati in modo preciso all’interno del Decreto per evitare di avere criteri interpretativi differenti per ciascuna Regione con una conseguente e illogica frammentazione geografica dello sviluppo delle rinnovabili
- Il Decreto, infine, deve anche dare una definizione univoca e certa di cosa si intenda per “aree agricole non utilizzate” e queste aree devono essere definite come aree idonee e, sempre per evitare la frammentazione geografica dello sviluppo delle rinnovabili, non assoggettate, come nell’attuale versione circolata, a criteri di sviluppo definibili dalle singole Regioni e Province autonome
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