Uccelli lasciati morire di freddo e leggi infrante: cacciatore condannato per bracconaggio e maltrattamenti

Un cacciatore della provincia di Udine è stato condannato per atti di bracconaggio e maltrattamenti. Ancora una volta i due crimini vanno a braccetto, come denunciano le associazioni animaliste

Aveva lasciato morire di freddo e di stenti gli uccelli catturati, rimasti impigliati per ore e ore in una rete. Specie appartenenti anche alla fauna protetta, nel totale disprezzo delle leggi nazionali e comunitarie.

Sono queste alcune delle irregolarità contestate a un cacciatore di Lestizza, in provincia di Udine, ma non le uniche. L’uomo era anche in possesso di cartucce non denunciate oltre che di reti a tramaglio.

Le reti erano utilizzate per l’uccellagione, un’orribile pratica vietata a livello europeo dalla Direttiva Uccelli sin dal 1977. Tale pratica comporta la cattura di uccelli di piccola taglia per mezzo di reti quasi invisibili. In queste reti gli uccelli trovano la morte, una morte lenta.

L’uomo era stato denunciato con l’accusa di maltrattamento di animali e di bracconaggio. A seguire la vicenda è stata l’associazione LAV. A febbraio 2022 il cacciatore aveva ricevuto una pena di otto mesi di reclusione, adesso è stato giudicato colpevole anche in appello.

La Corte d’Appello di Trieste ha infatti confermato la sentenza di primo grado con reclusione, il risarcimento del danno nei confronti della LAV e il rimborso delle spese legali e processuali.

La condanna, per quanto minima per i crimini di natura commessi, ha dato ragione agli animalisti e ha gettato nuovamente luce sul legame esistente tra esercizio venatorio e bracconaggio. Lo ha ribadito anche Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici della LAV.

La conferma di questa condanna per atti di bracconaggio a carico di un cacciatore dotato di regolare licenza di caccia dimostra ancora una volta la continuità che lega il mondo della caccia con quello del bracconaggio”

Ciò significa che se si vuole contrastare realmente il bracconaggio, si deve partire dall’abolizione della caccia. Lo chiedono i cittadini, non solo le organizzazioni di tutela animale.

Non è un caso che con l’apertura della stagione venatoria si scoprono traffici illegali e si registrano più atti di bracconaggio. Fermare la caccia vuol dire infliggere un colpo durissimo ai bracconieri, a maggior ragione che questa atrocità legalizzata risulta pericolosa per l’ambiente, per la fauna autoctona e, non per ultimo, per la sicurezza pubblica.

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Fonte: LAV

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