Mentre le aziende sono riuscite a ridurre sia l’intensità di carbonio che il volume di acqua per tonnellata utilizzata nella produzione di abbigliamento, i vantaggi duramente conquistati in termini ambientali vengono “annullati” dal volume delle vendite, che vanno inesorabilmente verso l’alto: una riduzione del 12% dell’impatto del carbonio delle aziende di abbigliamento è praticamente annullata da un aumento del 13% del volume dei tessili prodotti e venduti. Cosa fare noi? Meno fast fashion e più acquisti (pochi) di qualità
Shopping compulsivo, fashion victim e Shein-addicted ne abbiamo? Certo che sì, ahinoi, a sufficienza tanto da vanificare ogni tipo di sforzo delle aziende più responsabili. Lo dice il rapporto annuale sui progressi del settore tessile 2030 di WRAP, che mostra come i marchi che hanno aderito all’accordo volontario ambientale siano riusciti a ridurre l’impatto del carbonio dei tessili che producono del 12% e dell’acqua del 4% su base per tonnellata tra il 2019 e il 2022.
Ma c’è un ma…
Secondo la ONG per l’azione climatica che ha stilato il rapporto, le riduzioni sono state possibili attraverso azioni intraprese per migliorare la sostenibilità nella progettazione e nella produzione e aumentando la quantità di vestiti riutilizzati e riciclati, certo, ma queste stesse riduzioni verranno annullate a causa di un aumento del 13% nel volume dei tessili prodotti e venduti. Un paradosso insomma.
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WRAP, infatti, afferma che l’aumento della produzione ha ridotto l’effettiva riduzione del carbonio ad appena il 2%: una riduzione, cioè, del 12% dell’impatto del carbonio è annullata da un aumento del 13% dei prodotti tessili prodotti e venduti.
Cosa vuol dire? Che la spinta dell’industria della moda a ridurre l’impatto ambientale dei vestiti che vende è indebolita dalla continua dipendenza dall’acquisto di nuovi vestiti. Mentre le aziende sono riuscite a ridurre sia l’intensità di carbonio che il volume di acqua per tonnellata utilizzata nella produzione di abbigliamento, i guadagni duramente conquistati vengono “annullati” perché la produzione e le vendite vanno inesorabilmente verso l’alto.
Il settore tessile e quello della moda sono responsabili fino al 10% delle emissioni globali di carbonio.
I progressi compiuti dai 130 marchi e rivenditori coinvolti hanno dimostrato che è possibile cambiare questa situazione. Ma al momento, non appena si verificano miglioramenti positivi, questi vengono annullati dall’aumento della produzione, dice Catherine David, direttrice del cambiamento comportamentale e dei programmi aziendali di WRAP.
Dal momento che la produzione è ovviamente legata al consumo, noi consumatori abbiamo un ruolo da svolgere: se da un lato molte aziende lavorano per migliorare i vestiti, dall’altra parte dell’equazione c’è il nostro compito di acquirenti più responsabili.
Ammettiamolo, compriamo più vestiti di quanto non ne abbiano bisogno. Cosa fare allora? Darci una regolata. Il cambio di stagione è il momento perfetto per dare un’occhiata ai nostri guardaroba: indossare ciò che abbiamo e considerare il momento di lasciar andare qualcosa. Possiamo donare, vendere o regalare vestiti: tutto quanto va fatto per muoversi in una economia più sostenibile E ridurre la quantità prodotta.
QUI il rapporto WRAP completo.
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