Tre vittime in Toscana (ma anche in Belgio e in Spagna), esondati molti corsi d’acqua e ospedali allagati, un vigile del fuoco disperso e frane nel bellunese, scuole chiuse in diverse Regioni
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“Tempesta atlantica che sta causando danni imponenti”, così stamattina l’Italia si risveglia sotto la furia di Ciaran che, secondo i meteorologi, non lascerà il nostro Paese almeno fino a domenica, con piogge e vento forte.
Abbiamo appena mandato dei gommoni a Seano, Quarrata e Campi Bisenzio, zone in questo momento difficilmente raggiungibili in altro modo per provvedere al sopralluogo di prima urgenza, inoltre abbiamo chiesto alla Protezione Civile Nazionale elicotteri per il trasporto urgente di persone in codice rosso, dice il presidente della Regione Toscana, Giani, che intanto dichiara lo stato di emergenza.
Ci risiamo, insomma, dopo il disastro Emilia-Romagna l’Italia è nuovamente flagellata da eventi straordinari, che straordinari più non sono. Stanno diventando l’ordinarietà e moltiplicando i disagi (e le morti), per evitare i quali bisognerebbe agire subito e in maniera drastica, a partire da una prevenzione sul territorio.
Siamo ancora in tempo? Probabile, se solo la classe politica realizzasse il fatto che – tra temperature record ed eventi meteorologici estremi – è quanto mai urgente affrontare gli impatti della crisi climatica accelerando ciò che c’è da fare in materia di finanziamento, pianificazione e attuazione delle misure di adattamento.
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Il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici c’è, ma non si vede
Puntuale il Governo Meloni, a dicembre 2022 e dopo 4 anni di stallo, aveva pubblicato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc). Il problema è che dal documento mancano sia le priorità che le risorse previste e, depurato dai dati che descrivono la crisi climatica in Italia, rimane soltanto un excel che suggerisce 361 azioni possibili.
Inoltre, la questione ancora più grossa è che quello stesso Piano – come si legge sul sito stesso del Ministero dell’Ambiente – “è attualmente sottoposto a procedimento di VAS”: dopo quasi un anno, in pratica, stiamo ancora attendendo la procedura di Valutazione ambientale strategica. Incredibile.
Maltempo, a causa della forte perturbazione si registrano allagamenti in molte zone della Toscana. Questo video documenta la situazione nell’ospedale di Pontedera, in provincia di Pisa. #IoSeguoTgr pic.twitter.com/ACshwOCQQD
— Tgr Rai Toscana (@TgrRaiToscana) November 2, 2023
Perché dopo un’estate infinita e secca si abbattono alluvioni e piogge torrenziali?
Perché crisi idrica e disastri tipo come quello di queste ore sono collegati. Le piogge torrenziali sono direttamente connesse alla crisi climatica in atto, che fa alzare la temperatura anche nel Mar Mediterraneo. Secondo i climatologi, le piogge torrenziali sono dovute alla formazione di piccoli cicloni extratropicali e in uno studio il CNR spiega che “gli oceani sono un enorme magazzino” per il calore in eccesso generato dai gas serra. L’aumento delle temperature del mare non solo provoca gravi impatti sulla biodiversità marina e contribuisce all’innalzamento dei livelli, ma ha conseguenze su quanto accade in atmosfera, dove avvengono appunto i fenomeni meteorologici.
Il mare trasferisce più calore all’atmosfera e quest’ultima scarica violentemente questa energia sul territorio con piogge molto intense e venti forti. Motivo per cui i fenomeni meteorologici possono diventare più violenti.
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Questo tipo di inondazioni dopo un periodo di siccità avvengono perché piogge così abbondanti finiscono su un suolo impermeabilizzato proprio dalla mancanza d’acqua e provato da una cementificazione selvaggia e non solo: a tutto ciò si unisce a quasi nulla manutenzione dei bacini idrici. Un mix che favorisce alluvioni più o meno improvvise ed esondazioni fluviali.
Deve esserci chiara una cosa: siccità e ondate di caldo e poi una alluvioni fanno parte di quella estremizzazione climatica di cui dobbiamo ormai necessariamente tener conto. Non sono eventi che si escludono l’uno l’altro, ma fenomeni che tendono a verificarsi tutti insieme.
Ne parliamo dettagliatamente qui: Siccità e alluvioni in Emilia Romagna: ti spiego perché, in realtà, sono direttamente collegate
Continua il consumo del suolo
Il paradosso italiano è che non si ferma il consumo di suolo, dal momento che forse ancora non è ben chiaro che le superfici naturali sono preziose anche per assicurare proprio l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Risale proprio a pochi giorni fa l’ultimo Rapporto di ISPRA 2023, che delinea un quadro di incessante densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città.
Il monitoraggio di quest’anno conferma la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane – si legge sul Rapporto 2023 che si basa sui dati del biennio 2021-2022 – in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità e anche per la crescente pressione dovuta alla richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica.
Perdiamo infatti 2,4 metri quadrati di suolo ogni secondo e l’avanzata del cemento è stata solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, che ha riguardato solo 6 km quadrati, per lo più associati al recupero di aree di cantiere o di altro suolo consumato reversibile.
Ne parliamo dettagliatamente qui: Non abbiamo più suolo (e quello che resta è deteriorato), i drammatici dati dell’ultimo Rapporto ISPRA
Fonti: ANSA / Protezione Civile / ISPRA / Sistema Nazionale Protezione Ambiente
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