16 villaggi e i 7.500 abitanti di Rempang rischiano lo sfratto, mentre i piani per trasformare la loro casa nell’ultimo hub per la transizione verde globale si stanno diffondendo rapidamente. Il motivo? Il Governo indonesiano e un consorzio imprenditoriale cinese vogliono trasferire questa intera comunità su un’altra isola e trasformare le loro abitazioni in un enorme centro di produzione di pannelli solari, un parco solare e una “ecocittà”
Eco-City o “geno-sfratto”? Qui in Indonesia la faccenda della transizione verde si sta trasformando in una vera evacuazione di massa, dopo che il Governo indonesiano, insieme a un consorzio imprenditoriale sostenuto dalla Cina e a un manipolo di aziende, intende trasferire l’intera comunità di Rempang su un’altra isola, trasformare tutto e fare spazio a insediamenti turistici e a fabbriche sostenibili, tra cui una di pannelli fotovoltaici, nell’ambito della Via della Seta.
Le autorità hanno infatti annunciato che i 7.500 residenti di Rempang saranno trasferiti nell’entroterra, a circa 60 chilometri dalle loro case sulla costa. Una vera e propria sciagura, se si considera che molti si guadagnano da vivere proprio grazie al mare, vendendo pesce, granchi, gamberetti e altri frutti di mare pescati localmente.
Su Rempang si erano effettivamente susseguite notizie che annunciavano a tambur battente una rivoluzione delle energie rinnovabili. Aziende di Singapore, del Portogallo e di altri Paesi avrebbero firmato accordi per costruire vasti parchi solari galleggianti nei bacini idrici locali della regione di Batam. Il piano era che l’energia pulita prodotta sarebbe stata trasportata dalle soleggiate isole indonesiane occidentali di Batam, Bulan e Rempang a Singapore, ad alta intensità energetica, tramite un cavo sottomarino.
Ma, per il momento, non c’è alcun segno di attività di energia verde e nessun parco solare in vista. Solo tanto scontento e proteste da parte dei residenti.
#Rempang, #Indonesia – Demonstrations have rocked Indonesia’s Riau province as residents of Rempang Island protest against government plans to evict thousands of people to make way for a multibillion-dollar #Chinese-owned glass factory and ‘Eco-City’. pic.twitter.com/BbWQQZxhJY
— PATH network (@PATH_network_) September 15, 2023
Ma come è possibile che le cose si siano mosse così velocemente?
Ad agosto, i residenti avevano capito che il progetto Rempang doveva essere una collaborazione tra il gruppo Artha Graha di Tomy Winata e un “produttore di vetro” cinese. A settembre, lo stesso Winata rilasciava interviste e parlava dei suoi progetti per un’eco-città.
E lì è il bello: il progetto sposterà in totale 16 villaggi sull’isola di Rempang e coprirà un’incredibile superficie di 17mila ettari (un ettaro quadrato equivale all’incirca a un campo da rugby).
I video girati dai residenti nei luoghi della protesta mostrano militari armati e polizia che si scontrano con agricoltori e pescatori di Rempang. Le autorità governative hanno iniziato a convocare alcuni dei manifestanti, esaminando i loro telefoni alla ricerca di prove incriminanti e indagando nelle loro case, nella vita lavorativa e negli affari fiscali. Per i residenti è chiaro che si tratta di “molestie” e “pressioni” affinché cedano la loro terra e si ritirino dalla lotta.
Cresce l’opposizione, cresce il malcontento: ancora una volta c’è la netta sensazione che la ricerca internazionale di energia verde dipenda dalle “zone sacrificali” in Paesi in via di sviluppo. La transizione verso l’energia verde – troppo spesso – sta in realtà rafforzando disuguaglianze e gerarchie radicate.
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Fonte: Al Jazeera
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