Perché tutti parlano di “C’è ancora domani”, il nuovo film di Paola Cortellesi (che dovresti vedere)

“C’è ancora domani” vede il debutto alla regia di Paola Cortellesi, in un film ambientato nel 1946 ma che è ancora drammaticamente reale al giorno d’oggi. Una pellicola che non vuole fare la morale, ma vuole raccontare uno spaccato d’Italia con drammaticità e ironia

Tutti conosciamo le enormi potenzialità di Paola Cortellesi come attrice, conduttrice ed anche cantante. Ma questa volta ha fatto di più: si è messa dietro la cinepresa ed ha fatto il suo esordio alla regia con il film “C’è ancora domani”.

Probabilmente ne avrete sentito parlare ed il motivo è semplicemente questo: tutti ne stanno parlando per la sua forza comunicativa e per il coraggio di toccare certi temi da molti considerati ancora “intoccabili”. L’esordio al botteghino dice 1,65 milioni di euro nel primo week-end di programmazione, ma il passaparola potrebbe portarlo a ben altri record.

Un film volutamente in bianco e nero ambientato nell’Italia del 1946, nei giorni cruciali del primo suffragio universale, ma che per tanti versi potrebbe essere ritrasposto a colori ai giorni nostri perché certe tematiche ancora non sono cambiate tutt’oggi.

Delia, massaia ma non troppo, vessata da chiunque (specialmente dal marito)

La pellicola, di cui la Cortellesi è anche sceneggiatrice e interprete principale, racconta la vita della protagonista Delia. Non la classica “massaia” che cura il focolare a casa, quanto una che si destreggia con tre lavori per far quadrare i conti e che allo stesso tempo si occupa anche di gestire casa e famiglia.

Eppure Delia, nonostante sia così “diversa” dall’immagine delle donne dell’epoca, deve far fronte a problemi che tutte un tempo (e purtroppo non solo un tempo) avevano. Il principale? Un marito, Ivano (interpretato magistralmente da Valerio Mastandrea che mai abbiamo visto così cattivo sullo schermo), che con la scusa di “aver combattuto due guerre” la umilia, la maltratta, la svaluta e la picchia senza pietà fin dal primo mattino.

E non è l’unico a trattarla male. Un po’ tutti in ogni contesto sociale per lei hanno la stessa risposta, in romanesco (altro filo conduttore del film): “se deve impara a sta’ zitta”. Ma lei di cose da dire ne ha tante, tantissime nonostante dal marito non venga nemmeno considerata come una donna.

Già lo capiamo dal trailer, quando si fa domande che forse era meglio non farsi. Si chiede perché lei che lavora da una vita prenda di meno di un ragazzino che ha iniziato quel giorno stesso. La risposta è “ovvia” e potrebbe essere tranquillamente la stessa del 2023: “Perché quello è omo!”.

Una violenza perpetrata nel corso delle generazioni

Nel frattempo Ivano ha solo una cosa in mente: far maritare la figlia maggiore Marcella – la giovane Romana Maggiora Vergano – in modo da togliersi una bocca da sfamare in casa. E farla maritare bene, in modo da guadagnarci e vantarsi con i vicini “pezzenti e miserabili”.

Marcella invece vorrebbe studiare e non fare la fine della madre che ha sposato un uomo che non la ama. Anche perché Giulio (Francesco Centorame), dopo essersi presentato di facciata come un ragazzo dolce e innamorato, ben presto emerge per quello che è: un violento, che ama possederla e prevaricarla. A lavoro non deve nemmeno sognarsi di andare perché “te lo dico io” e “tu sei mia”.

Uno scenario già visto e già vissuto e se ci si chiede da chi Ivano abbia imparato tutta questa violenza, la risposta è in una scena tanto drammatica quanto vera. In casa, oltre a lui, Delia e le tre figlie, c’è anche nonno Ottorino (Giorgio Colangeli) che gli suggerisce di “non menarla sempre”. Un suggerimento non certo di cuore, ma perché “sennò s’abitua”. Meglio “una, un fracco de legnate, ma forte così capisce.

Un film su cui tutte le generazioni dovrebbero riflettere

Nonostante ciò, “C’è ancora domani” non è solo un film denuncia, ma anche un’opera divertente e dissacrante con un finale tutto da scoprire. La scelta di utilizzare canzoni moderne in un contesto storico offre una connessione immediata con il pubblico contemporaneo, sottolineando come questi problemi sociali e di genere ancora esistano e non si debba dare certi diritti conquistati all’epoca come scontati.

L’ironia popolare e acuta di Cortellesi conferisce al film un ritmo incalzante e un equilibrio tra i momenti leggeri e quelli più intensi. Una pellicola che non vuole essere “bacchettona” o fare la morale ma vuole offrire uno spaccato di vita vero e reale. Ed ecco perché tutti ne parlano tra cui Gianni Morandi che sui social ha voluto fare i suoi complimenti a Paola legittimando il suo lavoro.

Perché l’esordio alla regia della Cortellesi ci regala uno dei migliori film italiani dell’anno, una pellicola che dovrebbe essere vista dalle madri con le figlie, ma su cui dovrebbero riflettere anche i padri con i figli. Dalle nuove e dalle “vecchie” generazioni, uscendo dal cinema più arricchiti e, chissà, magari migliori.

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