Proiettili, bombe, filo spinato... I ritrovamenti avvenuti sulle Alpi raccontano una delle pagine più drammatiche della nostra storia. E uno studio condotto su tre ghiacciai alpini apre nuovi scenari sulla pesante eredità ambientale della prima guerra mondiale e sul suo impatto sulla fauna glaciale: i metalli utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare entrerebbero oggi a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale
Che impatto ha una guerra sull’ambiente? Molto più grande di quanto si pensi e quella in Ucraina ne è un vivido esempio. Eppure non ci si ferma e non si considera mai il “dopo”. Così come non lo hanno fatto che ha combattuto nella prima guerra mondiale, quando furono utilizzati metalli pesanti per la costruzione di cannoni e per l’artiglieria militare. Si tratta di arsenico, antimonio, rame, ferro, piombo, nichel, stagno e zinco che, “liberati” dal ritiro dei ghiacciai, lasciano tracce nelle acque di fusione e sono assorbiti da parte dei “chironomidi”, gli unici moscerini acquatici che popolano i torrenti glaciali.
Lo dimostra uno studio condotto su tre ghiacciai alpini – Lares, Presena e Amola – dal MUSE, il Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio, e che apre nuovi scenari sull’eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi italiane e sul suo impatto sulla fauna glaciale.
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I numerosi reperti bellici sui nostri ghiacciai
Forse più di un libro di storia, i nostri ghiacciai alpini ci raccontano – in modo concreto e spiazzante – una delle pagine più buie e drammatiche dell’umanità: la Grande Guerra.
Di anno in anno, con la progressiva scomparsa del ghiaccio, riemergono reperti di ogni tipo, dai cannoni ai fucili; e così finiscono facilmente per entrare a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale.
Lo scorso settembre, quando la superficie dei ghiacciai era ridotta al minimo, sulle montagne del Trentino la Commissione Glaciologica SAT si è imbattuta in numerosi materiali risalenti al periodo bellico: proiettili di diverso calibro e origine conservati perfettamente, matasse di filo spinato, ordigni di varie dimensioni, bottoni, lembi di stoffa e anche ossa di animali.
RITIRI GHIACCIAI E REPERTI STORICINei nostri rilievi di fine stagione, quando la superficie del ghiacciaio coperta da…
Posted by Commissione Glaciologica SAT on Wednesday, September 6, 2023
Questi non sono stati gli unici inquietanti ritrovamenti, che ci sbattono in faccia l’orrore della prima guerra mondiale. Sempre la scorsa estate, sulla Vedretta di Lares (a quota 2935 metri nel gruppo dell’Adamello), sono riemersi i resti di un soldato appartenente all’esercito austro-ungarico, morto in guerra. Anche se il corpo era ormai decomposto, la divisa e gli equipaggiamenti rinvenuti si presentavano in ottime condizioni, grazie all’azione protettiva del ghiaccio.
Lo studio
Per affrontare una possibile contaminazione emergente di metalli pesanti legati agli armamenti bellici, i ricercatori del MUSE hanno per questo condotto l’analisi chimica delle acque di fusione di tre ghiacciai trentini (Lares, Presena e Amola – gruppo Adamello-Presanella) e la ricerca di contaminanti (metalli pesanti) nelle larve di insetti che le popolano (tutte appartenenti al genere Diamesa).
I ghiacciai analizzati sono luoghi che furono teatro del primo conflitto mondiale tra Italia e Impero austro-ungarico.
Lo studio ha indagato gli inquinanti lasciati in eredità sulle Alpi dal più alto fronte della prima guerra mondiale e il loro potenziale impatto sugli ecosistemi glaciali. Per farlo, il team di ricerca ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell’acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai tre torrenti glaciali analizzati. Gli elementi rinvenuti nelle acque dei torrenti sono stati interpretati utilizzando il fattore di arricchimento crostale che determina quali siano gli elementi maggiormente concentrati rispetto al valore di fondo dato dalla composizione della crosta terrestre), mentre l’assorbimento larvale è stato quantificato adottando il fattore di bioaccumulo (che è il rapporto tra la concentrazione nell’animale e la concentrazione nell’acqua).
Dati alla mano, nell’acqua sono stati osservati arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares. Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell’acqua. In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell’artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio).Tra questi, rame, nichel e zinco rientrano tra gli elementi essenziali per la vita, ma le concentrazioni osservate nelle larve dei siti più contaminati superano quelle attese per il loro fabbisogno (se così non fosse la loro concentrazione sarebbe identica o confrontabile nelle tre popolazioni studiate).
I moscerini che abbiamo studiato – spiega Valeria Lencioni, coordinatrice dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE – sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. Il cibo è scarso e le larve hanno l’intestino pieno di limo glaciale che fissa sulla propria superficie i metalli e li può veicolare nel corpo dell’animale. Si nutrono probabilmente dei batteri che crescono sulla roccia, essendo scarsi o assenti alghe e il detrito organico. Le specie del genere Diamesa sono considerate indicatrici di glacialità e sono minacciate di estinzione dai cambiamenti climatici che alterano l’unico ambiente in cui sono adattate a vivere.
I dati raccolti – conclude Lencioni – destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (es. il moscerino del genere Chironomus)”.
Va da sé, quindi, secondo gli studiosi, che questi risultati forniscono prove preliminari della contaminazione delle acque e del bioaccumulo di metalli e metalloidi da parte della fauna glaciale.
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Fonte: Chemosphere/Commissione Glaciologica SAT
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